A Lega 3 dicasteri, tra cui Viminale. Domani Formigoni ad Arcore

Roma, 20 apr. (Apcom) – Alla fine Umberto Bossi sarà ministro. Le possibilità, alla vigilia del vertice ad Arcore tra Silvio berlusconi e la Lega, erano davvero minime e vedevano il Senatur inquadrato nella casella della vicepresidenza del Consiglio, al fianco di Gianni Letta. Invece, dopo due ore di riunione a Villa San Martino, il leader del Carroccio è stato il primo a lasciare la residenza del Cavaliere e col consueto pugno alzato delle grandi occasioni si è lasciato andare ad un liberatorio “E’ andata!” davanti alle telecamere. Non concede altro ai cronisti ma la soddisfazione gli si legge in faccia.

Una soddisfazione che, si apprende qualche ora dopo da fonti leghiste, non vuol dire la tanto agognata presidenza della Regione Lombardia per Roberto Castelli. Per lo meno non ancora.
Quello è un nodo ancora da sciogliere domani nel corso dell’incontro tra il premier in pectore e l’attuale inquilino del Pirellone Roberto Formigoni. La soddisfazione di Bossi è per la poltrona del ministero delle Riforme, quella che fino a pochi giorni dalle elezioni berlusconi metteva in dubbio potesse andare al Senatur per le sue precarie condizioni di salute. Invece sarà proprio il leader della Lega a tornare ad occuparsi di Federalismo, tema vitale per il Carroccio.

Per il resto la delegazione leghista del prossimo governo berlusconi sarà composta da Roberto Calderoli vicepremier, dal giovane veneto Luca Zaia al ministero dell’Agricoltura e Roberto Maroni al Viminale. Una poltrona questa non ancora certissima.
Starebbe allo stesso Maroni infatti, fanno sapere da via Bellerio, scegliere tra il ministero dell’Interno e quello delle Attività produttive, quest’ultimo potenziato da una serie di deleghe prima scorporate. Una decisione probabilmente subordinata al nodo ancora da sciogliere sul futuro di Formigoni. Il governatore lombardo chiede con insistenza la presidenza del Senato che però sembra ancora, a quanto si apprende da fonti azzurre, una poltrona blindatissima per il forzista Renato Schifani.

Nel pomeriggio, prima dell’inizio del vertice, era circolata la voce dal Carroccio che fosse più vicino per Formigoni lo scranno più alto di Palazzo Madama e che al fedelissimo Schifani spettasse un ministero di peso. Visto che la Farnesina è saldamente occupata da Franco Frattini, l’unico sarebbe il Viminale per ora assegnato a Maroni, ma con riserva. Una riserva che potrebbe essere sciolta domani dopo l’incontro tra Formigoni e berlusconi. Fonti vicine al presidente lombardo non escludono che il governatore ciellino possa ancora lasciare la sua poltrona in cambio della seconda carica dello Stato e fanno notare che all’appello della compagine leghista che compone il puzzle governativo manca ancora Roberto Castelli, in pole proprio per la successione del Pirellone.

Luc

Verrecchia: la fine del ragno

Com’era prevedibile i ragni stanno ritessendo la tela per nascondere il vuoto.
Leggo i nostri commenti alle elezioni: rari e spesso ipocriti.
Non appartengo alla famiglia degli uccelli e quindi non sono né un corvo, né un avvoltoio.
Il regno animale che preferisco muore spesso in combattimento, fiero però di difendere
soprattutto la propria dignità e libertà.
La solidarietà umana al gruppo dirigente nazionale c’è tutta come c’è la considerazione
delle difficoltà che avevano di fronte. La solidarietà però è un sentimento di andata e ritorno.
Non l’ho riscontrato, ad esempio, nelle formazioni delle liste, quando a De Michelis gli
è stato imposto di andare in Sicilia perché le sue condanne erano imbarazzanti per potersi
candidare nel suo Veneto. Come non condivido l’oblio sul nome di Bettino Craxi. Voglio
ricordare ai compagni di solidarietà, vecchi e nuovi, che Bettino è un eroe non un criminale
di cui vergognarsi. Uno statista socialista difficilmente imitabile che è parte fondamentale
dei socialisti italiani.
Ho letto anche le considerazioni della sconfitta di alcuni esponenti del partito. Sarò difficile,
ma le uniche che ho apprezzato per la lucidità, autocritica e intelligenza sono quelle
di De Michelis.
Autocritica, perché Gianni era il fautore della fine del bipolarismo italiano da lui chiamato
bastardo. Tesi nettamente e forse definitivamente, sconfitta dall’ultimi elezioni.
Ritorno a sostenere che le uniche ragioni del nostro disastro sono in noi e solamente in
noi. Perdere era previsto e prevedibile ma la catastrofe ce la siamo voluta.
Sono ragioni di forma, di sostanza e di presunzione.
La forma sta nella palese contraddizione di annunciare la nascita di un nuovo partito con
vecchi volti e vecchie formule. Da una parte non vogliamo richiamarci alla tradizione,
dall’altra non diciamo nulla di nuovo, o di originale. Nelle liste abbiamo attinto dalle riserve
i generali in pensione dell’armata garibaldina, senza più voti, ma pretendendo di dimostrare
così la novità.
Abbiamo dato un segnale di precisa ed inequivocabile ambiguità con il nostro tormentone
vergognoso di pietire ospitalità nel Partito Democratico. La verità che viene oggi a galla ci
rivela che l’unica ragione per cui non abbiamo fatto l’accordo, non è stato per il simbolo
che ci veniva negato, ma per il veto di Veltroni su qualche nome della nostra nomenclatura.
Naturalmente tutto nel segreto di trattative dall’interesse poco collettivo e dal bisogno
individuale di galleggiare in ogni caso.
L’unica provocazione è stata di costume. Corretta e condivisibile la candidatura di Grillini
a Roma. Decisamente fuori misura quella del sedere di Milly D’Abbraccio.
Abbiamo sposato l’anticlericalismo. Un bisogno fuori dagli interessi degli italiani, ma oserei
dire anche dei socialisti.
La presunzione, questa sì dolosa, si è espressa invece nell’occupazione di tutte le testate
di lista dei collegi con lo stesso autoreferenziale minuscolo gruppo dirigente. Come scrive
Mauro Del Bue: sbagliato e scandaloso, che ha impedito alle energie presenti nel territoMauro
Del Bue: sbagliato e scandaloso, che ha impedito alle energie presenti nel territo
rio di impegnarsi in una battaglia di principio e di orgoglio. Però le uniche proteste a cui
ho assisto, in fase di preparazione, erano dirette ad avere uno o due collegi in più rispetto
a quegli assegnati. Non certo ad aprire a nuovi nomi.
La gestione monarchica delle risorse economiche collettive e delle decisioni organizzative
è un’altra responsabilità dolosa.
Una presunzione, non accompagnata dalla capacità, diventa colpevole arroganza.
Cosa fare? Senza ritornare ai corvi, io non ho esempi nella storia passata e recente di
condottieri, leader, imprenditori, santoni che dopo aver rappresentato una sconfitta netta
ed inequivocabile possano tornare a tessere la tela. Se Mauro, lui che è un appassionato
di storia, mi fornisce esempi diversi sono ben lieto di ricredermi.
Io propongo di andare al nuovo. Ad un movimento moderno e proiettato nel futuro che
deve rappresentarsi con una nuova generazione di giovani.
Vanno rinominati e rifatti i principi fondamentali. Sinistra e destra ad esempio non hanno
più senso, come non ha più attualità il termine classe operaia o precariato.
Oggi il confronto si sposta tra progressisti e conservatori. Un concetto che può essere
anche trasversale. Oggi gli interessi da rappresentare sono i nuovi bisogni non più i conflitti
di classi scomparse. L’autonomia, la sicurezza, le libertà appartengono ad un divenire
ancora sconosciuto ed in fase di formazione, ma sicuramente legato al futuro imminente.
Temi che dovranno essere approfonditi se ci sarà mai un congresso di svolta vera e radicale.
Fatica sprecata ed inutile se invece si vorrà restaurare l’insipienza e la cecità politica.
Partiamo subito da una premessa fondamentale: la forma partito. Non ci dovrà più essere
un modello centralista in cui un piccola corte decide per il suo regno.
Il nuovo partito deve essere un movimento federato con fortissima autonomia regionale,
legato nazionalmente nel simbolo e nelle linee strategiche, ma autonomo nelle politiche e
nelle alleanze locali.
Noi non ce n’accorgiamo, ma tutto il mondo va verso autonomie sempre più specializzate
e autogovernate. Succede così nei sistemi sociali, in economia e nelle scienze.
Quello che si pensava essere un modello egoistico e populista della Lega, è invece
un’occasione di crescita e modernità se applicato in tutte il territorio italiano.
Come ogni intuizione, avrà successo, se applicata in modo equilibrato e corretto, sarà un
fallimento se rimarrà solo uno slogan.
Per avviare la nostra rivoluzione interna ci occorrono dei rivoluzionari responsabili.
L’unica nostra speranza si trova nel nuovo e sconosciuto che c’è dentro i nostri militanti.
Non corriamo rischi. Per semplici leggi matematiche, peggio di cosi, non può andare.

Riporto l’intervento di Mauro del Bue: a voi le riflessioni

Intervento dell’on. Del Bue al Comitato costituente
Non mi piacciono coloro che aspettano le sconfitte per tagliare le teste. Esprimo per questo solidarietà umana a Enrico Boselli, che più di tutti si è trovato sulle spalle, com’era naturale e anche comprensibile, il peso della disfatta elettorale.
Non sono mai stato uno dei quelli che cantavano nel coro del “tutto va bene madama la marchesa” e adesso non voglio gridare “dagli all’untore”.
Il risultato è così desolante che sono certo che se individuassimo il rimedio in una semplice rimozione ne deformeremmo il significato.
Pur tuttavia dobbiamo interrogarci e tentare di comprenderlo, se vogliamo tentare di disegnare un futuro praticabile anche per noi.
Non penso a qualche correttivo. Se avessimo ottenuto l’1,5-2% potevano essere anche utili le variazioni parziali. In questa situazione servono forti e immediati segnali di innovazione (non uso il termine “discontinuità” perché è abusato dal politichese).
Oltre tutto, quel che resta di noi attende subito un segnale di vita, di speranza, se no credo che anche quel che resta di noi non resterà con noi.
Sconsiglierei intanto di prendercela con qualcun altro. Rischiamo di diventare patetici. Quando si ha un risultato del genere ce la dobbiamo prendere solo con noi.
Non voglio approfondire alcune questioni che, anche se non hanno influito più di tanto sul voto, pure hanno creato un clima non positivo tra noi e attorno a noi. Ne cito brevemente tre:
1)L’idea che la Costituente si dovesse sviluppare con un partito proprietario, lo Sdi, e altri ospiti (quelli illustri, quelli graditi, quelli sopportati). Noi che proveniamo dal Nuovo Psi abbiamo subito, a causa di questo atteggiamento, alcuni imprevisti prelievi: i consiglieri regionali del Piemonte e della Sardegna e molti dirigenti periferici. Anche nei nostri dibattiti, poi, le opinioni apparivano generalmente superflue, perché c’era chi poi decideva. E non era il Comitato.
2)La composizione delle liste è stata effettuata senza un criterio logico e accettabile. Chi ha avuto quattro, chi tre, chi due collegi, una specie di lotteria affidata al caso e alla pressione dei singoli, ma anche al concetto proprietario di cui sopra. Io, segretario del Nuovo Psi, sono stato inviato in Abruzzo, dove ho incontrato compagni eccezionali, ma sono emiliano e i miei non potevano votarmi. Nessuno parla più di Roberto Barbieri, un dirigente del nostro partito, che aveva il compito di preparare il programma, un senatore, presidente della Commissione bicamerale rifiuti a cui si è voluto anteporre l’ex assessore della Giunta Sassolino e pe questo ha gettato la spugna. In alcune regioni sono stati letteralmente espulsi dalle liste i nostri compagni e io stesso ho chiesto a un professore di entrare nella liste, lui ha accettato e me lo son visto fuori.
3)La struttura periferica del partito dello Sdi, eccettuato qualche caso, mi è parsa anchilosata e chiusa in se stessa, preoccupata dei nuovi arrivi, più che aperta alla nuova disponibilità di unione. C’è stato qualche contrordine compagni, ma che in qualche caso si continuassero a fare riunioni dello Sdi, anziché le riunioni della Costituente. È stato interpretato come un segnale negativo, una sorta di Scostituente anticipata.
Ma la questione politica di fondo è una e gli errori che abbiamo compiuto, a mio giudizio, sono due.
La vera questione, causa del nostra disfatta è che noi abbiamo usato la carta dell’identità mentre in palio c’era il conflitto sul governo del Paese. La partita del governo con questa legge è centrale. Noi disputavamo un’altra gara sulla identità in un campo attiguo, assieme a Bertinotti, alla Santanchè e a Casini, che si è salvato a stento, ma che dovrà tentare di abbinare le alleanze di centro destra sul territorio dove il suo partito è più forte con l’opposizione al governo Berlusconi in Parlamento.
Con questa legge, col premio di maggioranza, è inevitabile che chi non può concorrere per la prima posizione diventa inutile. Il voto all’estero è stato assai più soddisfacente per noi perché si è usato un metodo proporzionale diverso. Quando io sostenevo il sistema tedesco ed ero considerato matto, non si comprendeva che solo quel sistema senza premio di maggioranza avrebbe consentito di tornare alla politica delle identità. Senza premio di maggioranza i piccoli partiti sono avvantaggiati e possono anche superare lo sbarramento, col premio di maggioranza il sistema diventa duale. Senza premio di maggioranza oggi il Popolo delle libertà non sarebbe autosufficiente e non avrebbe potuto sperare di diventarlo il Pd. Il voto utile sarebbe stato proprio quello dato agli altri partiti. Oggi, invece, c’è una larga maggioranza sia alla Camera sia al Senato, pur col premio regionale.
Di questo non abbiamo avuto sufficiente consapevolezza. Anzi, pur non essendo in condizione di fare approvare una legge elettorale, abbiamo sempre affermato che questa era la migliore possibile per noi e che con questa legge bisognava andare al voto. Era meglio, molto meglio aspettare il Vassallum e la bozza Bianco. Si dice: “Ma la crisi non l’abbiamo fatta noi”. E’ vero. Ma qui entriamo nel merito dei due errori.
Il primo, e potrebbe sembrare una contraddizione con quel che ho appena affermato, è costituito da un eccesso di prodismo. Un governo di larghe intese non si poteva fare dopo la mastellata e il voto sulla fiducia negato al Senato. Ma prima sì. All’inizio della legislatura, quando si registrò un sostanziale pareggio, sarebbe stato utile e accettato. E anche dopo la crisi di governo subito rientrata, alla luce della messa in minoranza al Senato di D’Alema sulla politica estera, si poteva ritentare. Noi, o meglio i compagni dello Sdi, siamo sempre stati scudieri di Prodi e lo siamo stati in particolare dopo l’elezione di Veltroni a segretario del Pd. Anzi, abbiamo proclamato che Veltroni era un usurpatore e che quel che a me sembrava un merito, e cioè il voler rompere con la sinistra massimalista, era invece una colpa. E come si poteva pensare all’apparentamento che avrebbe salvato coloro che per mesi hanno additato il possibile salvatore come il peggiore nemico?
Il secondo errore è nell’integralismo socialista. Un aggettivo non ti cambia la vita, non ti migliora la condizione economica, non ti rende più sicuro. Non ti consente di prendere voti. E poi, personalmente, avevo pensato ad una Costituente liberalsocialista, capace di ereditare l’esperienza della Rosa nel pugno e di espanderla. Siamo passati invece ad un integralismo socialista, convinti di aver il supporto del socialismo europeo che non c’è stato. Vedasi le dichiarazioni di alcuni leader che si sono augurati negli ultimi giorni della campagna elettorale la vittoria di Veltroni. Lo so che la vera molla della Costituente è stata la questione socialista posta al congresso dei Ds (senza di quella non credo che Boselli avrebbe lanciato la Costituente). Ma anche su questo abbiamo peccato di indeterminazione. Qualcuno, non Angius, ha ipotizzato una collocazione più a sinistra del Pd. Così abbiamo finito per avere paura dell’eredità craxiana e proprio noi, che siamo stati quelli capaci per primi di andare oltre i confini della sinistra, noi che ci siamo contaminati anche con idee di altri (pensiamo al Lib Lab, al confronto su scuola pubblica e privata, al tema del federalismo e del presidenzialismo) proprio noi abbiamo dato l’impressione di rimpiangere la vecchia sinistra e la sua unità. Se facciamo il verso a un socialismo pre-craxiano è chiaro che finiamo male. Anche perchè non è questa la politica di Blair e neppure di Zapatero.
Cosa fare adesso? Le idee andranno meglio definite cammin facendo. Anche perchè il contesto non è ben definito. Molte cose potranno verificarsi nel Pd e nella sinistra Arcobaleno. Ma anche nel mondo radicale che non credo si lascerà assorbire dal Pd.
Credo, soprattutto, che non dobbiamo fare tre cose: consegnarci al Pd dopo questo risultato elettorale (sarebbe far la fine dei tedeschi che uscivano uno alla volta dal bunker e si arrendevano ai sovietici con le mani in alto). Non dobbiamo unire le nostre macerie a quelle della Sinistra arcobaleno, a meno che, a fronte dell’ipotesi di una Costituente comunista, altri possano aderire all’idea di un cammino comune coi socialisti europei. Non dobbiamo nemmeno pensare di farcela da soli, con un rilancio del nostro integralismo respinto, tesi che potrebbe essere anche suggestiva in occasione delle elezioni europee, senza considerare però la possibilità di uno sbarramento elettorale introdotto da un Parlamento dove gli “antisbarramento” non esistono più.
E poi, dopo le europee, prima o poi ci saranno le politiche e il rigido sistema bipolare difficilmente si sbloccherà. Avremo la possibilità di tornare su questi argomenti. Credo che sia giusto intanto dare atto a Boselli della sensibilità che ha avvertito dimettendosi da coordinatore e annunciando la sua volontà di non presentare la sua candidatura al Congresso. Dovremo presentare al Congresso tesi politiche nuove, un gruppo dirigente fortemente rinnovato e un partito federalista, retto dalle strutture regionali. Ma soprattutto la convinzione che non è più il momento di usare la parola “socialista” come una bacchetta magica. Occorre ben altro.

Mauro Del Bue

RIPRENDERE IL CAMMINO. SIAMO SOLO ALL’INIZIO.

Ho apprezzato l’intervento di Antonino ( Di Trapani ) e, se può avere un significato, sono d’accordo con lui, non solo per quello che esprime, ma per il significato che ha e che intende dire, quello che esprime ( anche se il clinch della critica a Boselli, ma aggiungerei De Michelis e Del Bue, è ormai pleonastico ed insufficiente. Come la coperta corta di Linus… ). Per cui, protesi soprattutto a migliorare noi stessi, più che criticare gli altri, e forti di un successo ulteriormente amplificato dalle nostre intuizioni politiche Venete e Siciliane (apparentamento con i Movimenti Federalisti territoriali ), necessita, secondo me, che da qui si parta per ridefinire una identità che langue ed una esistenza che … non esiste. Per il primo aspetto sarà quanto mai necessaria una conferenza programmatica nazionale, sul secondo un’attenta valutazione dei prossimi passi istituzionali. Mi riferisco alla collocazione Parlamentare dei nostri deputati eletti: nel Gruppo del Pdl o in quello Misto ? I prossimi importanti appuntamenti elettorali delle amministrative 2009 e 2010, necessitano di un ancoraggio, di un riferimento, di un richiamo, ad un soggetto politico nazionale ben identificabile. Per non dimenticare le prossime elezioni europee, con le implicanze di un già dichiarato riferimento al Ppe da parte di Berlusconi e Fini…. Insomma è già tempo che la nostra vittoria elettorale ( il Segretario Nazionale alla Camera dei Deputati ) ed il nostro Garofano diventino notizia da proporre e propagandare pubblicamente ed in ogni ambito possibile. Riconoscendo a noi stessi di essere stati bravi e disciplinati, ora è tempo, dopo il ” primum vivere “, di ” (deinde) philosophare “. Non possiamo più essere un partito fantasma. Abbiamo il grande compito di ricostruire un Movimento Socialista ( Federalista oltre che Autonomista ? ne parleremo ) utile all’Italia ed all’Europa.

Elezioni, Di Trapani: I socialisti ci sono, Boselli anacronistico

Roma, 16 APR (Velino) – “Commentatori politici e media nei giorni del dopo voto hanno fortemente messo l’accento sul fatto che il Partito Socialista e’ scomparso dal panorama politico nazionale, solo perche’ i socialisti di Boselli non sono riusciti a eleggere alcun parlamentare ne’ alla Camera ne’ al Senato. È questa un’affermazione fuorviante e ingenerosa per i Socialisti”. Lo ha sottolineato Antonino Di Trapani, coordinatore nazionale della segreteria del Nuovo Psi, in relazione alla elezione di Stefano Caldoro nelle fila del Popolo della Liberta’. “Bisogna chiarire evidentemente, per evitare mistificazioni e strumentalizzazioni, che dal 1994 Boselli ha rappresentato – ha sottolineato – solo una parte dei Socialisti Italiani, atteso che la cosiddetta diaspora ne ha frammentato la compattezza. Se lo Sdi di Boselli e’ stato sconfitto e severamente punito dal voto, cio’ e’ avvenuto solo a causa delle sue scelte politiche anacronistiche e poco lungimiranti, perpetuate negli anni all’ombra degli ex comunisti e a difesa di interessi di nicchia fino alla colpevole estinzione di questi giorni”. È vero che una lista Socialista non e’ riuscita a superare le soglie di sbarramento elettorale, ma e’ anche vero che, alla luce dei profondi cambiamenti del panorama politico e della sua semplificazione, i Socialisti hanno trovato lo spazio elettorale per essere presenti in Parlamento. Il nuovo psi – ha concluso – e’ riuscito nell’intento e sara’ portatore, in sede parlamentare, dei valori, della tradizione e della cultura liberalsocialista e riformista senza soffocare autonomia e principalmente identita’, considerato che sul territorio nazionale centinaia di migliaia di attivisti e militanti lavorano generosamente per la continuita’ di questi valori”.

NESSUN PAREGGIO, SI RIPARTE COL BUONGOVERNO

Non c’era bisogno d’essere chiromanti per scrivere, meno di una settimana fa, un articolo dal titolo ‘Fra una settimana si riparte col… buongoverno’ con il quale, praticamente e senza alcuna cautela, si ipotizzava la vittoria del fronte riformista del PdL. Erano i disastri causati dal sinistro Governo Prodi a farci capire che la gente voleva cambiare registro riprendendo un percorso interrotto meno di due anni fa. Non si poteva perdonare, infatti, il mancato sviluppo e la liquidazione delle riforme e dei progetti faticosamente messi in piedi dal precedente Governo Berlusconi, e la politica sanguisuga delle tasse che sono state introdotte su ogni argomento del vivere civile tanto da raggiungere la iperbolica cifra di 110 nuovi balzelli, comunque denominati, e all’incredibile livello del prelievo attestato al 44%.

La sinistra e il suo popolo più cieco pensavano che bastasse un pò di maquillage; qualche slogan ammantato da intellettualismo, sol perché americaneggiante, come il ‘si può fare’; la decisione di non utilizzare elettoralmente il signor Prodi perché logorato e non spendibile; l’eliminazione dalle liste dei nemici più acerrimi degli italiani laboriosi come Visco; o la liquidazione, solo nel confronto politico nazionale e non nelle amministrative, della sinistra antagonista e barricadiera, o dei verdi presuntuosi e arroganti, per far dimenticare i guasti che erano sotto gli occhi di tutti. Gli unici che si rifiutavano di vederli erano, come al solito, i fideisti con i paraocchi, che erano convinti bastasse negare la realtà per poterla cambiare.

Non è andata così. Per fortuna gli italiani si dimostrano sempre un passo più avanti di tanti soloni e politici saccenti. Sempre più avanti di quanto pensano o si illudono di poter ottenere tanti editorialisti che in questi anni, guidati da Eugenio Scalfari, hanno appestato l’aria con le loro analisi di parte. Sempre in anticipo sui processi che cambiano inesorabilmente la storia.

Certo se era prevedibile l’uscita di scena dei boselliani avviati al macello dai propri ex padroni, fa impressione, ma è piacevole, constatare che, a distanza di venti anni, è crollato anche in Italia il muro di Berlino, e che in Parlamento non siederanno più personaggi orgogliosi di chiamarsi comunisti come Diliberto, Bertinotti, Mussi, o personaggi dell’imbecillità pseudo verde e della trasgressione come Pecoraro Scanio, Francesco Caruso o Luxuria.

E fa altrettanto piacere pensare che il terremoto del 13 e 14 aprile ha chiuso definitivamente le porte a personaggi dell’antipolitica che bussavano insistentemente in esse, come i Moretti, i Pardo, i Grillo e i Celentano. Si sono salvati solo quelli che, in tempo, hanno saputo mimetizzarsi nel PD. Ma anch’essi non avranno vita facile e si avvieranno all’autodistruzione. Le vittorie coprono normalmente ogni contraddizione, ma non avviene lo stesso con le sconfitte, per cui ci sarà la cosiddetta resa dei conti tra i reduci della disfatta. Se ne vedranno delle belle.

Intanto il PdL, con leader e premier Silvio Berlusconi, potrà riavviare il percorso riformista, dar corso al proprio programma, rifare dell’Italia un vero e grande cantiere di lavoro per risalire la china e superare il declino, senza quel ‘pareggio’ agognato e sperato da tanti che sentendo la sconfitta si illudevano di poterla neutralizzare. Si riparte quindi col buongoverno. Il Nuovo PSI del Garofano, che elegge al Parlamento il proprio Segretario Nazionale, Stefano Caldoro e il proprio uscente on. Lucio Barani e che ha dato il proprio contributo alla splendida vittoria e darà il proprio contributo al governo del Paese, rimane un punto di riferimento per il popolo socialista ormai allo sbando e senza bussola. Le porte di questo, pur piccolo, Partito sono aperte.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 15.04.2008

FRA UNA SETTIMANA SI POTRA’ RIAVVIARE… IL BUONGOVERNO

Siamo in dirittura d’arrivo. Fra una settimana l’Italia potrà riprendere il cammino del buon governo, delle riforme e del vivere civile. Fra una settimana il riformismo potrà trionfare avviando per il nostro Paese un percorso di civiltà interna e di protagonismo internazionale recuperando i due anni di ‘sperpero politico’ provocato dal cosiddetto ‘Governo Prodi’, classico dilettante allo sbaraglio. In questo processo i socialisti del Nuovo PSI , forti delle loro idee, del loro pragmatismo e del loro riformismo, vorranno e sapranno dare il loro contributo.

A chi domanda cos’avranno di speciale i riformisti per essere così sicuri d’invertire la tendenza al declino del nostro Paese, si può tranquillamente rispondere che hanno soprattutto una diversa concezione della gestione della cosa pubblica.

Per la sinistra (ufficiale o mascherata che sia) la scelta per far quadrare i conti (si fa per dire) è stata ed è abbastanza semplice: mettere le mani nelle tasche dei cittadini aumentando la pressione fiscale a dismisura e provocando i guasti che sono sotto gli occhi di tutti (ripresa dell’evasione fiscale, aumento dell’inflazione, difficoltà a poter soddisfare le esigenze più elementari di fasce sempre più larghe di cittadini, livelli incivili di gestione dei servizi di base sopratutto quelli della sanità o della pulizia dei centri abitati). E il signor Walter Veltroni è espressione di questa filosofia così come lo ha dimostrato nel governo di Roma.

Per i moderati e riformisti, aggregati e raggruppati nel PdL, la scelta per affrontare e risolvere gli stesi problemi sta nel rifiuto a diventare sanguisughe e ‘rapinare’ i propri concittadini, che è una politica che aggrava i problemi e non li risolve per nulla. La quadratura dei conti pubblici sta nel saper eliminare gli sprechi, liquidare le sacche di privilegi esistenti, sbaraccare ogni Ente inutile, e ridurre i costi della politica.

Questo secondo percorso può essere fatto SOLO da chi non dipende da gruppi di pressione, da chi è lontano dai poteri forti che prosperano quando il Paese patisce le proprie difficoltà, e da chi non subisce i condizionamenti delle centrali sindacali che, giocoforza, sono portate a chiudersi a riccio e a rifiutare ogni possibile riduzione degli sprechi. Ma è SOLO questa seconda politica che può permettere la riduzione delle tasse, la lotta all’evasione, quella all’inflazione e la difesa del potere d’acquisto dei redditi da lavoro e da pensione che si ottiene anche con gli annunciati provvedimenti su ICI, detassazione del lavoro straordinario, e con l’aumento delle pensioni.

Ed è solo con questa politica che diventa credibile ogni ipotesi di rilancio delle grandi opere pubbliche (come il Ponte sullo Stretto e la TAV) che non sono mai fine a se stesse, e diventa altrettanto credibile la realizzazione della piena occupazione anche nel Mezzogiorno d’Italia a partire dalla sistemazione dei precari come quelli lasciati in eredità dalla sinistra con le invenzioni di LSU ed LPU.

La guida di Silvio Berlusconi del PdL e della coalizione costruita attorno ad esso è un’altra garanzia che il programma non sarà carta straccia. E non bisogna attendere molto per capire in quale direzione soffia il vento, perché saranno i primi cento giorni la cartina di tornasole del buongoverno. In quei cento giorni saranno affrontate le emergenze della Campania, buttate le basi per una nuova politica economica, riavviato il percorso di politica estera. Il Presidente Berlusconi e i suoi alleati, tra cui il Nuovo PSI di Stefano Caldoro, sono già stati visti all’opera, e non sarà per l’Italia, quindi, un salto nel buio.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 07.04.2008

L’ADEGUAMENTO VELTRONIANO DICE… SI AL PONTE SULLO STRETTO

Un altro adeguamento del signor Walter Veltroni che dimostra il camaleontismo del personaggio e del partito che lo sostiene: al Nord esprime un deciso no al Ponte sullo Stretto di Messina, in Calabria cambia musica e annuncia la presentazione di un ddl, dal pomposo titolo “scommettere sul Sud”, all’interno del quale, tra altre amenità e luoghi comuni si pone la realizzazione, in tempi rapidi, del corridoio europeo ‘Berlino-Palermo’.

L’orchestra, che fino ad ieri, suonava senza tregua il proprio no ad un ponte inutile e sperperatore di finanziamenti, si trova oggi sbandato ed alla ricerca di note per evitare che la propria musica sia percepita come tentativo di accordi musicali difficili da realizzare, e quindi fortemente stonati. Il cambio repentino della posizione del PD sul Ponte sullo Stretto fatto a Reggio Calabria ha il sapore acre dell’adeguamento elettorale per evitare quella inarrestabile emorragia che la posizione del no a prescindere sta determinando nel Sud del Paese.

Non solo si è affermato che il Ponte si ‘può fare’ perché esso è funzionale alla realizzazione immediata del corridoio Berlino-Palermo, ma lo si è affermato durante una manifestazione aperta dal Ministro Alessandro Bianchi che è diventato famoso per le sue due caleariche esternazioni espresse appena nominato ministro, e passate, si fa per dire, alla storia: il Ponte sullo Stretto non sa da fare come il matrimonio tra Renzo e Lucia, e con la confessione che il modello di riferimento, per l’ex pasionario rettore, è Fidel Castro indicato come valoroso rivoluzionario pacifista da contrapporre al guerrafondaio sanguinario imperialista George Bush.

Tutto, comunque studiato nei minimi particolari, quanto avvenuto a Reggio Calabria. Veltroni opera una inversione di rotta di 360 gradi e coinvolge pienamente il personaggio che giornalisticamente ha tenuto di più il banco contro la realizzazione del Ponte, entrando addirittura in rotta di collisione con quell’AntonioDi Pietro che, però, messo alle strette ha mollato il suo disaccordo provocando la creazione di una situazione paradossale come il possibile annullamento della gara d’appalto che per penale sarebbe costata agli italiani ben 500 milioni di euro (pari a 1000 –diconsi mille- miliardi di lire).

Il Nuovo PSI, che è stato, da sempre, per la realizzazione del Ponte, individuando in esso uno degli elementi che possono far decollare l’Area dello Stretto, saluta positivamente l’inversione veltroniana che, anche se scelta elettoralistica, è pur sempre una scelta che renderà molto difficile determinare un nuovo ”contr’ordine compagni” come ai tempi di Peppone e don Camillo, anche se questo, conoscendo i comunisti, non ci sorprenderebbe per nulla. Per tutto il Popolo della Libertà, la scelta della costruzione del Ponte è, comunque, una scelta strategica non soggetta agli sbalzi dei sondaggi e non decisa per esigenze elettorali.

Per i Socialisti del Nuovo PSI è una scelta che nasce col PSI di Bettino Craxi che ha voluto porre fine, a un interminabile balletto che si trascinava da ben 50 anni, con una legge, per sottrarre la decisione alle giravolte dei vari governi. Nel merito va ribadito che è falso l’assunto di un’opera inutile che non produrrebbe niente di indotto. Sarà un’opera che unirà, anche fisicamente le due sponde, con tutto ciò che questo comporta per superare l’isolamento, abbattere i tempi di percorrenza tra continente e isola, avviare il processo di avvicinamento dell’Italia ai paesi rivieraschi dell’Africa, e creare finalmente reali e consistenti correnti turistiche.

Il cambio di direzione politica del 13 e 14 aprile ci fa ben sperare.
Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 31.03.2008

REGOLA PRIMA, MAI COABITARE CON I SERPENTI

Mancano ormai meno di tre settimane alle elezioni che dovranno decidere a chi affidare la guida politica del Paese. Fra meno di tre settimane gli italiani potranno porre la parola fine uno dei periodi più ‘sgangherati’ della politica italiana, chiudendo la fase del ‘non governo’ o, meglio, del governo all’incontrario che tanti danni ha prodotto all’Italia. Fra tre settimane, anche il Nuovo PSI vuole e deve dare il suo contributo alla realizzazione di questo obiettivo.

E ciò anche se, per la prima volta dal ripristino del Garofano, dopo la falsa rivoluzione, il simbolo dei socialisti craxiani non sarà presente, visivamente, sulla scheda elettorale. Detta assenza non diminuirà, per nulla, l’impegno dei militanti socialisti perché fortemente motivati per la vittoria del Popolo della Libertà. Non solo e non tanto perché ci è stata garantita l’elezione del Segretario Nazionale, Stefano Caldoro (candidato a capolista in Campania), e quella del deputato uscente, Lucio Barani (candidato in Toscana), con l’impegno a spendere un ulteriore riconoscimento verso quei territori dove più marcata è la presenza organizzata dei socialisti, ma sopratutto per la chiarezza degli obiettivi e del programma presentato come ‘le sette missioni’ di Silvio Berlusconi.

Intanto Caldoro e Barani, a differenza degli ‘altri’ socialisti (boselliani, bobiani o costituenti) che avendo ricevuto il benservito chiudono ingloriosamente la loro sudditanza all’egemonia comunista, saranno gli unici socialisti del Garofano che siederanno in Parlamento, mentre gli altri assaporeranno ‘come sa di sale lo pane altrui’. La cosa che più brucia, però, sulla pelle e nelle carni dei socialisti di base non è la mancata elezione di alcuni dirigenti socialisti, quanto il metodo col quale si è proceduto alla pulizia etnica da parte del signor Veltroni e dei dirigenti comunisti comunque camuffati.

Non solo si è deciso di cacciare i socialisti che, così, saranno destinati a scomparire dal panorama politico parlamentare italiano ma, aggravando la situazione, si è deciso l’imbarco del principale simbolo della loro vergognosa mattanza, quell’ Antonio Di Pietro che è il campione assoluto del giustizialismo nel nostro Paese ed ha già dichiarato che vuole fare il Ministro della Giustizia perché ‘deve completare la pulizia iniziata con mani pulite’.

Chi ha chiuso gli occhi e ha fatto finta di non vedere con quali serpenti coabitava, non può oggi dolersi del fatto che il morso di alcuni di essi sia letale. Ognuno certamente è arbitro del proprio destino e delle scelte operate, ma per ognuno arriva il momento della riflessione e della verità. Non voler riacquistare la vista significa aver scelto deliberatamente l’eutanasia per se e per tanti valorosi compagni che li hanno improvvidamente seguiti. C’è, comunque, da sperare che qualcuno degli attuali ‘ciechi’ apra finalmente gli occhi e senza farsi condizionare da falsi nominalismi (destra-sinistra) sappia, finalmente, concretizzare la propria riflessione.

Noi non abbiamo di questi problemi. Il nostro compito è come contribuire a far diventare concretezza le scelte programmatiche delle ‘sette missioni’, dove non c’è di tutto e il suo contrario, ma solo indicazioni nette e concrete da avviare subito alla loro realizzazione dando una forte sterzata all’inconcludenza prodiana. Abolizione Ici su prima casa, detassazione degli straordinari, ripresa del nucleare, rilancio opere pubbliche (ponte sullo Stretto in primis), riduzione costo della politica, lotta alla criminalità con certezza della pena, riforma giustizia con l’introduzione della figura dell’avvocato dell’accusa per esaltare la terziarietà del giudice, lotta all’inflazione e al carovita, saranno alcune delle cartine di tornasole di un reale cambio di fase.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, lì 25.3.2008

Auguri

A nome mio e di tutto il Veneto, al perenne ed inaffondabile mondo Socialista, dal primo degli iscritti all’ultimo dei simpatizzanti, i migliori e sinceri auguri di una sicura Buona Resurrezione.

Angelino Masin

Segretario Regionale

Boselli:licenza di uccidere

La spinta al cambiamento data dal Partito Democratico e dal Popolo della Libertà al panorama politico nazionale ha costretto, in vista della tornata elettorale del 13/14 aprile prossimo, le forze politiche minori a scelte a volte poco comprensibili ai non addetti ai lavori.
Alla luce di questo stravolgimento,che non è solo apparente,ma che ha portato nell’immediato a un diverso posizionamento delle forze politiche in campo, è necessaria una riflessione sulla Questione Socialista.
Partiamo da Boselli, il quale, dopo quindici anni di tentennamenti e di tentativi opportunistici che lo hanno visto alleato a diverse forze politiche ( Dini, Radicali, etc.), ignorando gli appelli provenienti da più parti per il rilancio dell’identità e della autonomia del Partito Socialista in Italia , sembra aver intrapreso ora la strada dell’autonomia.
Non sfugge però il percorso politico “Boselliano” dal ’94 ad oggi, da quando cioè,con il segretario politico dell’epoca Del Turco e contro la volontà di molti compagni, anch’egli decretò lo scioglimento del Partito Socialista Italiano,ufficialmente per motivi economici e finanziari,ma in realtà in ossequio ad un perverso disegno perpetrato insieme con i post-comunisti, volto ad eliminare la presenza socialista dal panorama politico nazionale. Chi non ricorda al Congresso di scioglimento la presenza in prima fila di tutto l’apparato post-comunista,a partire da Occhetto, che proponeva la sua nuova “ macchina da guerra”?
E le scelte politiche successive non sono state altro che la costante conferma del suo duplice obiettivo:oscurare il socialismo in Italia per sopravvivere all’ombra dei catto-comunisti in una nicchia di protezione.
Non trovando mai chiarezza nella politica di Boselli, priva di spazi e di visibilità in questa falsa sinistra, il Partito Socialista Nuovo PSI partecipò al processo costitutivo della Casa della Libertà per mantenere saldi i principi di identità ed autonomia su cui ricostruire una vera casa socialista,come peraltro esiste nel resto d’Europa.
Anche oggi, è la difesa di questi valori la sola motivazione della scelta di dare il nostro contributo elettorale e programmatico al Popolo della Libertà al fine di avere dei rappresentanti socialisti nel Parlamento Italiano, in coerenza con il nostro recente passato e come sancito dal Congresso del Nuovo Psi dello scorso giugno. E Boselli? Perché solo oggi fa la scelta dell’autonomia? Perché oggi che il mutato campo politico suggerisce ragionevolmente strategie diverse, Boselli sceglie ciò che ha sempre rifiutato in tutti questi anni? E’ la prova che cerca di portare a termine quanto ha iniziato tanti anni fa, confermando con il suo comportamento irresponsabile che si tratta dell’ ennesimo incarico affidatogli da quelli che sono stati i carnefici del Partito Socialista Italiano. Rifiutando ogni apparentamento e scegliendo di correre da solo, infatti, egli si avvia all’ennesima fatale sconfitta in una logica autodistruttiva , utile solo a compiacere i suoi mandanti.
Al contrario noi, forti della nostra coerenza e del patrimonio da noi sempre difeso dell’identità ed dell’autonomia, continueremo a lavorare per salvaguardare i valori del Socialismo in cui da sempre crediamo

Antonino Di Trapani
Responsabile Ufficio Organizzazione
della Segreteria Nazionale NUOVO PSI

TUTTO E’ BUONO PER LA POLEMICA, ANCHE… IL RIDICOLO

Non sono d’accordo con quanti, intervenendo sulla assurda polemica nata per una battuta del Presidente Berlusconi sui precari, affermano che, in fin dei conti, si trattava semplicemente di ‘una battuta di spirito che purtroppo non è stata capita da molti’. Non sono d’accordo perché, se così fosse, vorrebbe dire che la polemica si è sviluppata, con grande battage pubblicitario, per una errata interpretazione di quanto accaduto. Ma le cose non stanno così.

Gli avversari del Popolo della Libertà non sono per nulla degli imbecilli al punto da non capire lo spirito di una battuta. La verità è che essendo a corto d’argomenti si buttano, a costo del ridicolo, su tutto ciò che può distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalla gravità della situazione del Paese, e dall’assenza di respiro politico nella loro campagna elettorale che si trascina tra un nuovo che non esiste, e la ricerca di una verginità politica che, dopo Prodi, come tutte le verginità, è impossibile da ricostruire.

Non sono neanche d’accordo con quanti ‘sconsigliano’ Silvio Berlusconi dal parlare senza rete e senza cautela. Anche loro sbagliano profondamente quando pensano che le polemiche, costruite dalla sinistra e dal coro dei giornali del soccorso rosso, siano frutto di ‘mosse maldestre’ del Cavaliere. Non è affatto così, perché qualunque cosa dica Berlusconi, e sottolineo qualunque cosa, scatta immediata la polemica. Anzi, essa scatterebbe anche se il leader del Popolo della Libertà, decidesse di non parlare più fino al 13 e 14 aprile. Veltroni, Prodi, la Repubblica, l’Unità, Travaglio, con tutto il loro armamentario propagandistico, vi costruirebbero attorno la qualunque, affermando che il silenzio di Berlusconi nasconderebbe, di certo, chissà quali nefandezze per tessere trame eversive ed antidemocratiche essendo impossibile che egli abbia deciso di starsene zitto zitto dietro le quinte.

Se poi, avviato il can can propagandistico, com’è avvenuto nell’ultimo caso, ci si trova di fronte ad una giovane che non solo ci ha scherzato sopra assumendo l’episodio per quello che effettivamente era, ma addirittura ha dichiarato che sicuramente voterà per il PdL, Veltroni & C. entrano in fibrillazione perché incapaci di gestire una vicenda nella quale non era prevista una variabile fuori dal loro controllo. E’ un clichè che si ripete purtroppo sistematicamente per poterlo catalogare come incidente causato da ‘reazione maldestra’.

Se gli strateghi della sinistra (si sinistra, proprio quella di Veltroni) pur sapendo perfettamente che dopo due/tre giorni di polemiche tutto ritorna normale perché i fatti hanno la testa più dura di qualunque speculazione, continuano a insistere sul terreno della denigrazione, dello sberleffo e della violenza critica, vuol dire che gli obiettivi sono altri, come quello di nascondere la pochezza dei loro argomenti spostando l’attenzione sulle più disparate schiocchezze.

Se da una parte, quindi, è necessario rispondere e parare i colpi, dall’altra bisogna ragionare con la gente sui programmi, gli obiettivi e le realizzazioni da fare nei primi cento giorni di governo che sono quelli che qualificano una compagine governativa. Il Nuovo PSI è su questo che sta facendo e continuerà a fare la propria campagna elettorale, convinto più che mai che non basta solo il messaggio mediatico per vincere, ma che esso vada accompagnato da un lavoro capillare, come si suol dire, ‘porta a porta’, con l’obiettivo di contattare il maggior numero possibile di elettori, soprattutto quelli indecisi o propensi ad esprimere un voto di semplice testimonianza.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria lì 17.3.2008

BRESCIA: LA LISTA DEL GAROFANO ALLE ELEZIONI

Sarà presente a Brecia la lista del NUOVO PSI, che presenterà i propri candidati alle elezioni Comunali e nelle circoscrizioni.
Una lista di persone che proviene dal mondo delle professioni, che vuole fare una scommessa di riforma (sia in senso strutturale che progettuale) della città.
La lista è collegata al Candidato Sindaco proveniente da Forza Italia, che ha fortemente voluto la presenza dei SOCIALISTI al proprio fianco.
Il NUOVO PSI anche a Brescia rilancia la propria identità ed autonomia guardando al futuro, con grande orgoglio, con grande volontà di rinnovamento, portando il proprio modesto apporto.

La FEDERAZIONE di BRESCIA

Comunicato della segreteria del Nuovo Psi

Mar 20.42 – Il Comitato di Segreteria del Nuovo Psi si è riunito in data odierna, per esaminare la situazione politica nell’imminenza della consultazione elettorale del 13 e 14 aprile.
Il Comitato ha preso atto, con soddisfazione, della candidatura del Segretario nazionale Stefano Caldoro al massimo livello nella lista per la Camera dei Deputati del Popolo della Libertà in Campania. Tale circostanza rappresenta un riconoscimento alla coerenza della linea politica del partito.
Nello stesso ambito di coerenza politica oltre che di apprezzamento del lavoro parlamentare svolto, si registra positivamente la candidatura dell’on. Lucio Barani in Toscana. La collocazione di tale candidatura in una posizione tra i vincenti richiede lo sforzo massimo del partito in terra toscana per raccogliere consensi elettorali che potranno risultare decisivi per le elezioni di Barani, senza attendere le opzioni dei due capolista e per il maggiore successo dell’intera lista. Frutto del riconoscimento alla coerenza della linea politica del partito sono anche le altre candidature di esponenti del Nuovo Psi a livello locale.
Forte rammarico, invece, viene espresso per non aver potuto condurre direttamente una trattativa nella formazione delle liste che ha, di fatto, escluso la rappresentanza al Tavolo delle candidature e del programma anche per le difficoltà dei partiti minori alleati a coordinarsi tra di loro.
Ciò ha impedito la possibilità di impegnare personalmente i quadri dirigenti più rappresentativi e la piena soddisfazione delle aree territoriali dove più forte è il consenso ed il radicamento o dove era presente una rappresentanza istituzionale del partito.
Si sono registrati anche non pochi disguidi nei rapporti con l’alleanza nei Tavoli regionali il che, per il futuro impone un diverso comportamento fondato su regole condivise che sono necessarie per rapporti politici corretti e proficui.
Le candidature di esponenti del Nuovo Psi rappresentano anche una garanzia per la riaffermazione dell’identità e dell’autonomia del partito che, pertanto, è in condizione di riprendere il cammino anche in sede parlamentare e di adoperarsi per rendere più dinamica la propria crescita.
La concomitanza delle elezioni amministrative offre l’occasione per verificare la presenza e la rappresentanza del partito sull’intero territorio nazionale. Per tali motivi è richiesto un grande impegno di tutti e di ciascuno, perché, nel riaffermare i valori fondanti del partito e nel fare presenti le ragioni del socialismo liberale, si possa proseguire con successo per una sempre maggiore e più diffusa presenza nel territorio e nelle istituzioni. Siamo tutti chiamati, oggi che è partita la campagna elettorale, a credere nell’obiettivo strategico che è pienamente coerente con le ragioni della nostra nascita e delle nostre decisioni che hanno caratterizzato dal 1994 ad oggi la nostra scelta di campo. L’obiettivo è che l’alleanza, guidata da Silvio Berlusconi e costituita dai moderati, dai liberali, e dai riformisti, dovrà avere un’ampia maggioranza nel Paese e vincere la coalizione del catto-comunismo e del giustizialismo, guidata da Veltroni, avversaria da sempre dei socialisti-riformisti.

Seguirà la convocazione degli organismi

PDL: coalizione di moderati, non di destra

La coalizione della PDL si caratterizza per essere un patto tra alleati che hanno in comune provenienze diverse ma la stessa visione modernista riformatrice e liberale della società.
Una coalizione elettorale che presenta tra i propri candidati rappresentanti dell’area cosidetta laica, e riformista quali i Repubblicani e soprattutto i Socialisti, non può certamente essere una coalizione troppo spostata a destra.
I rappresentanti del Nuovo PSI nel prossimo Parlamento continueranno nella tradizione della loro storia, garantendo quella libertà di pensiero che da sempre li ha caratterizzati