Com’era prevedibile i ragni stanno ritessendo la tela per nascondere il vuoto.
Leggo i nostri commenti alle elezioni: rari e spesso ipocriti.
Non appartengo alla famiglia degli uccelli e quindi non sono né un corvo, né un avvoltoio.
Il regno animale che preferisco muore spesso in combattimento, fiero però di difendere
soprattutto la propria dignità e libertà .
La solidarietà umana al gruppo dirigente nazionale c’è tutta come c’è la considerazione
delle difficoltà che avevano di fronte. La solidarietà però è un sentimento di andata e ritorno.
Non l’ho riscontrato, ad esempio, nelle formazioni delle liste, quando a De Michelis gli
è stato imposto di andare in Sicilia perché le sue condanne erano imbarazzanti per potersi
candidare nel suo Veneto. Come non condivido l’oblio sul nome di Bettino Craxi. Voglio
ricordare ai compagni di solidarietà , vecchi e nuovi, che Bettino è un eroe non un criminale
di cui vergognarsi. Uno statista socialista difficilmente imitabile che è parte fondamentale
dei socialisti italiani.
Ho letto anche le considerazioni della sconfitta di alcuni esponenti del partito. Sarò difficile,
ma le uniche che ho apprezzato per la lucidità , autocritica e intelligenza sono quelle
di De Michelis.
Autocritica, perché Gianni era il fautore della fine del bipolarismo italiano da lui chiamato
bastardo. Tesi nettamente e forse definitivamente, sconfitta dall’ultimi elezioni.
Ritorno a sostenere che le uniche ragioni del nostro disastro sono in noi e solamente in
noi. Perdere era previsto e prevedibile ma la catastrofe ce la siamo voluta.
Sono ragioni di forma, di sostanza e di presunzione.
La forma sta nella palese contraddizione di annunciare la nascita di un nuovo partito con
vecchi volti e vecchie formule. Da una parte non vogliamo richiamarci alla tradizione,
dall’altra non diciamo nulla di nuovo, o di originale. Nelle liste abbiamo attinto dalle riserve
i generali in pensione dell’armata garibaldina, senza più voti, ma pretendendo di dimostrare
così la novità .
Abbiamo dato un segnale di precisa ed inequivocabile ambiguità con il nostro tormentone
vergognoso di pietire ospitalità nel Partito Democratico. La verità che viene oggi a galla ci
rivela che l’unica ragione per cui non abbiamo fatto l’accordo, non è stato per il simbolo
che ci veniva negato, ma per il veto di Veltroni su qualche nome della nostra nomenclatura.
Naturalmente tutto nel segreto di trattative dall’interesse poco collettivo e dal bisogno
individuale di galleggiare in ogni caso.
L’unica provocazione è stata di costume. Corretta e condivisibile la candidatura di Grillini
a Roma. Decisamente fuori misura quella del sedere di Milly D’Abbraccio.
Abbiamo sposato l’anticlericalismo. Un bisogno fuori dagli interessi degli italiani, ma oserei
dire anche dei socialisti.
La presunzione, questa sì dolosa, si è espressa invece nell’occupazione di tutte le testate
di lista dei collegi con lo stesso autoreferenziale minuscolo gruppo dirigente. Come scrive
Mauro Del Bue: sbagliato e scandaloso, che ha impedito alle energie presenti nel territoMauro
Del Bue: sbagliato e scandaloso, che ha impedito alle energie presenti nel territo
rio di impegnarsi in una battaglia di principio e di orgoglio. Però le uniche proteste a cui
ho assisto, in fase di preparazione, erano dirette ad avere uno o due collegi in più rispetto
a quegli assegnati. Non certo ad aprire a nuovi nomi.
La gestione monarchica delle risorse economiche collettive e delle decisioni organizzative
è un’altra responsabilità dolosa.
Una presunzione, non accompagnata dalla capacità , diventa colpevole arroganza.
Cosa fare? Senza ritornare ai corvi, io non ho esempi nella storia passata e recente di
condottieri, leader, imprenditori, santoni che dopo aver rappresentato una sconfitta netta
ed inequivocabile possano tornare a tessere la tela. Se Mauro, lui che è un appassionato
di storia, mi fornisce esempi diversi sono ben lieto di ricredermi.
Io propongo di andare al nuovo. Ad un movimento moderno e proiettato nel futuro che
deve rappresentarsi con una nuova generazione di giovani.
Vanno rinominati e rifatti i principi fondamentali. Sinistra e destra ad esempio non hanno
più senso, come non ha più attualità il termine classe operaia o precariato.
Oggi il confronto si sposta tra progressisti e conservatori. Un concetto che può essere
anche trasversale. Oggi gli interessi da rappresentare sono i nuovi bisogni non più i conflitti
di classi scomparse. L’autonomia, la sicurezza, le libertà appartengono ad un divenire
ancora sconosciuto ed in fase di formazione, ma sicuramente legato al futuro imminente.
Temi che dovranno essere approfonditi se ci sarà mai un congresso di svolta vera e radicale.
Fatica sprecata ed inutile se invece si vorrà restaurare l’insipienza e la cecità politica.
Partiamo subito da una premessa fondamentale: la forma partito. Non ci dovrà più essere
un modello centralista in cui un piccola corte decide per il suo regno.
Il nuovo partito deve essere un movimento federato con fortissima autonomia regionale,
legato nazionalmente nel simbolo e nelle linee strategiche, ma autonomo nelle politiche e
nelle alleanze locali.
Noi non ce n’accorgiamo, ma tutto il mondo va verso autonomie sempre più specializzate
e autogovernate. Succede così nei sistemi sociali, in economia e nelle scienze.
Quello che si pensava essere un modello egoistico e populista della Lega, è invece
un’occasione di crescita e modernità se applicato in tutte il territorio italiano.
Come ogni intuizione, avrà successo, se applicata in modo equilibrato e corretto, sarà un
fallimento se rimarrà solo uno slogan.
Per avviare la nostra rivoluzione interna ci occorrono dei rivoluzionari responsabili.
L’unica nostra speranza si trova nel nuovo e sconosciuto che c’è dentro i nostri militanti.
Non corriamo rischi. Per semplici leggi matematiche, peggio di cosi, non può andare.
Caro Sergio, benvenuto tra noi!
Franco Spedale