CON GLI ‘ANNUNCI’ NON SI RIATTIVA IL PORTO DI SALINE

Un accorato appello, da parte della Società di acquacoltura “Orizon Group”, delle Cooperative di pesca “Stella Maris” e “ Nettuno”, e da parte dei pescatori dell’Area Grecanica, è stato di nuovo lanciato per risolvere il grave problema dell’insabbiamento del porto di Saline Joniche, in Calabria, che sta veramente mettendo in discussione un centinaio di posti di lavoro che, al contrario, potrebbero essere suscettibili di espansione.

La vicenda ha del grottesco. La Provincia dice d’aver fatto il proprio dovere scavando un varco momentaneo e permettendo l’uscita delle imbarcazioni e salvando, così, l’attività di molti operatori, ma adesso c’è necessità di un intervento più risolutivo per dare tranquillità a chi vive di pesca e permettere loro uno sviluppo delle proprie attività. Ma il problema sembra irrisolvibile. La Provincia non ha più soldi, e la Regione Calabria dorme sonni tranquilli impegnata, com’è, a tirare a campare, o ad elaborare la nuova legge elettorale.

E mentre i problemi languono, Loiero pensa di ‘tacitare’ le popolazioni interessate con ‘annunci’ di investimenti per impianti di produzione fotovoltaica, dopo un discusso protocollo d’intesa con l’API Energia , e facendo finta di dimenticare che l’investimento è sulla carta e che il finanziamento è ancora da definire. Ad applaudirlo non ci sono stati né i pescatori, né gli operatori delle Società e delle Cooperative del settore ittico, ma solo tre indomiti protagonisti: l’attuale sindaco di Montebello, Loris Nisi, l’on. Peppe Bova (nuovo guru della sinistra calabrese) e l’on. Liliana Frascà, tutte e tre impegnati, come non mai, a contrastare la costruzione della Centrale a carbone. Essi possono permetterselo perché non vivono di pesca, e possono accontentarsi degli annunci, ma i pescatori e gli operatori ittici non lo possono fare, perché hanno bisogno del porto subito e non in tempi biblici.

Ecco perché la vicenda ha del grottesco . Si rifiuta l’investimento CERTO di 1,2 miliardi di euro per costruire la Centrale, si rifiuta assieme a detto investimento la gestione del porto, certamente non in esclusiva, e la sua manutenzione da parte della Società svizzera Sei, si dice no alla messa in funzione di un pontile per il piccolo e medio cabotaggio, e no all’eventuale collegamento con le Eolie e la Sicilia.

Si rifiuta tutto questo, ma si fanno gli annunci e si imbroglia la gente parlando di inquinamento. Anche quà facendo finta di dimenticare che ogni centrale è obbligata, secondo quanto dichiarato dal Ministro Prestigiacomo, a dotarsi di un impianto di cattura delle emissioni di CO2; e facendo finta di non conoscere il grado di inquinamento del silicio, che si usa per i pannelli fotovoltaici e che è responsabile della silicosi contratta da molti nostri concittadini quando erano costretti a lavorare nelle miniere del Belgio.

Se si continua a rifiutare e a dire sempre NO, la Regione deve assumere direttamente la gestione del porto e la sua manutenzione, per non depauperare quel poco di occupazione esistente nel settore ittico. Almeno fino a quando questa classe dirigente non sgombrerà il campo.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, 27.4.2009

FOTOVOLTAICO, UN COLOSSALE… BLUFF DI LOIERO

Si, è così. Si può, tranquillamente, dire, dopo i recenti ‘annunci’ di investimenti fotovoltaici a Saline Joniche, che la montagna ha partorito… un colossale bluff. Senza alcun pudore Loiero, Governatore dell Calabria, ha presentato, con grande battage pubblicitario, la firma di un protocollo d’intesa con l’API Energia, facendolo passare per un accordo finalizzato SOLO agli investimenti per Saline Joniche. Senza alcun pudore si sono, successivamente, sperticati nelle lodi, guarda caso, l’on. Bova, l’on. Liliana Frascà e il sindaco di Montebello Jonico Loris Nisi.

Il primo problema al quale bisogna rispondere è quello dell’assenza, alla ‘storica firma’ di Roma, dell’Amministratore delegato dell’API Energia, Brachetti Peretti. Perché era assente? Pur non conoscendone i motivi va, comunque, rilevato che assumono consistenza le voci che circolano su una ‘ritrosia’ dell’Api a sottoscrivere l’accordo che invece è stato sollecitato, preteso e ‘imposto’ dal signor Governatore
che aveva ed ha l’urgenza di tacitare una comunità che comincia a percepire che gli ‘annunci’ altro non erano che semplici specchietti per le allodole.

Ma andiamo per ordine. Leggendo con attenzione i flash d’agenzia, si capì subito che non si trattava di un insediamento da localizzare solo a Saline, ma di diverse promesse (impianto per la produzione del silicio cristallino; filiera fotovoltaica per la produzione di fette, celle e moduli; filiera eolica per produzione componenti di turbine e relativo assemblaggio; impianto fotovoltaico diviso in varie zone e di una turbina eolica) da localizzare principalmente a Lametia (area ex Sir), Crotone (zona industriale) e Saline Joniche (area ex Officine Grandi Riparazioni della Ferrovie dello Stato).

Quindi l’occupazione sventolata è una vera chimera, lanciata irresponsabilmente dal Loiero. Ammesso che tutto verrà realizzato, esso sarà distribuito nell’insieme del territorio calabrese. Ma dal dire al fare c’è di mezzo il finanziamento . La parte pubblica del quale a quanto ammonta? Quando sarà decisa? Ci sono tutte le condizioni tecniche per poterlo fare? E ancora: che mercato ci sarà, per il tipo di produzione ipotizzato, tra cinque o sei anni quando potrebbero entrare in funzione gli impianti promessi? E in attesa di risposte l’area non sarà né industriale, né turistica, ma sede di arrugginite ferraglie elevate a ricordo nazionale degli sperperi effettuati nel Mezzogiorno, e chissà per quante decine di anni ancora.

I cittadini dell’ Area grecanica sono stati, quindi, serviti. Il ringraziamento lo devono a Loiero e a tutti quelli che, improvvisandosi scienziati, tecnici e ingegneri, hanno seminato tra la gente paure ed allarmismi. Oggi ci si trova con un pugno di mosche, perché l’impianto ipotizzato nell’ex Ogr, sarà, né più né meno che una cattedrale, anzi una chiesetta, nel deserto . Al contrario del polo energetico, che può essere rappresentato dalla Centrale a carbone, dall’impianto di produzione di pannelli fotovoltaici e da un Centro di ricerca per le energie alternative, detta ‘chiesetta’ non modifica di una virgola lo status della zona e la vergogna di un porto insabbiato e inutilizzato.

La strada del confronto sereno e civile, come avevamo proposto, tra Regione, Enti locali interessati, Api e Sei, è stata fatta cadere nel vuoto, ma rimanendo la più valida, essa va ripresa e rilanciata perché se da una parte non c’è contrapposizione tra i diversi investimenti ipotizzati, dall’altra non si possono ignorare le recenti indicazioni che vengono da importanti Istituti di Ricerca come Nomisma (fondata nel 1981 da Prodi) che sollecitano il Governo a reinvestire sul carbone, riequilibrando le fonti energetiche e utilizzando, immediatamente, i siti di Porto Tolle (Rovigo-Veneto), Montalto di Castro (Viterbo-Lazio) e Rossano (Cosenza-Calabria). Non ne sapeva nulla il nostro caro Governatore che sempre più sembra un vero prestidigitatore?

Sbaglia, comunque, il signor Loiero, se pensa che la partita sia chiusa. La palla a questo punto passa ai cittadini, agli amministratori dell’area e a tutte le forze della maggioranza che non possono stare alla finestra a guardare mentre un imbelle Governo regionale determina l’ennesima ‘porcata’ ai danni delle nostre popolazioni.
Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, 9.4.2009

PER L’ENERGIA VANNO CENTRALIZZATE LE COMPETENZE

  • Dopo aver allevato generazioni di ‘signor NO’, i più grandi ‘guru ecologisti’ del mondo (Mark Linas, Stephen Tindale, Chris Smith of Finsbury, Chis Goodall) hanno dichiarato d’avere sbagliato a criminalizzare le centrali nucleari, aprendo, quindi, le porte ad una stagione di razionalità. Il processo innescato sarà, però, veramente positivo se altre riflessioni seguiranno per liquidare i luoghi comuni sul carbone (troppo a lungo considerato una specie di peste bubbonica), e aiutare lo sdoganamento di una fonte meno costosa per la produzione di energia, meno soggetta ai ‘ricatti’ dei fornitori di gas e di petrolio, o meno condizionata dalle crisi politiche regionali.

    I ‘signor NO’ , allevati ad essere ‘contro’ , con l’alibi della difesa dell’ambiente, si sono sistematicamente opposti a tutto quello ch’era investimento e sviluppo economico. Le crociate hanno riguardato sia la produzione di energia, perché, ‘inquinerebbe’ indipendentemente dai progressi tecnici e scientifici realizzati; che le infrastrutture perché sconvolgerebbero il territorio e perché ci sarebbe sempre qualcos’altro da fare prima.

    Come i replicanti della fantascienza, i signor NO pullulano e si moltiplicano senza sosta (soprattutto in Italia), e condizionano purtroppo ogni attività produttiva. Ciò è avvenuto a Civitavecchia, nel Lazio; si stava producendo a Polesine Camerini, nel Veneto; e sta avvenendo a Saline Joniche , in Calabria. Le tre situazioni citate hanno in comune il NO pregiudiziale degli ambientalisti di professione; lo sbandieramento dei luoghi comuni sulla difesa della salute, come se gli altri fossero dei novelli Frankenstein; e i percorsi ad ostacoli che si son dovuti, o si devono, superare per realizzare quanto è necessario al vivere civile di questo nostro Paese.

    Ma le tre situazioni si differenziano, sostanzialmente, per il comportamento degli Enti locali, dei Sindacati, e per la disponibilità o meno al confronto, alla discussione ed alla verifica dei progetti e delle ricadute. In estrema sintesi:
    • nel Lazio, a parte alcune legittime iniziali diffidenze, si son sapute cogliere le opportunità offerte dall’insediamento della centrale a carbone di Civitavecchia realizzando un gioiello tecnologico che è già diventato meta di visite internazionali da parte di tecnici di ogni paese;

    • in Veneto, le lungaggini per la riconversione a carbone della centrale ad olio combustibile (altamente inquinante), hanno provocato iniziative di lotta dei Sindacati, con manifestazione a Roma, al grido di: “non vogliamo essere le prime vittime di chi non decide”, e non bisogna “perdere un investimento di 2,2 miliardi di euro, di fronte all’attuale recessione”;

    • in Calabria, a fronte di intelligenti aperture, tese al confronto e alla verifica ambientale, di diversi Comuni interessati (i cui Sindaci conoscono la triste realtà economica delle proprie zone), si registra, purtroppo, la chiusura pregiudiziale e nichilista della Regione Calabria, che ha spinto la Società, interessata all’insediamento, a presentare ricorso al TAR.

    Le tre vicende, ma se ne possono elencare molte altre, pongono con forza l’urgenza di rivedere l’articolo 117 della Costituzione per eliminare, nel settore dell’energia, l’assurdità delle competenze ‘concorrenti’ che paralizzano i processi decisionali e determinano una vera ingovernabilità nel settore, regalando un ampio potere di manovra ai movimenti ambientalisti.

    Le competenze, regolate dal titolo V° della Carta (modificato dal Governo Prodi), non possono essere divise con le Regioni, che hanno una visione molto parziale delle necessità del paese, ma vanno riconsegnate allo Stato. Ne è convinto lo stesso Ministro Scajola che nel suo intervento al Convegno dei Giovani Imprenditori svoltosi a Capri il 3 ottobre scorso, ha sottolineato la necessità di riportare al centro tutte le competenze in materia energetica, dichiarando: “sono convinto che la politica energetica, al pari della politica estera, della difesa e della sicurezza, deve essere attribuita in via esclusiva alla competenza dello Stato”, e poi continuando con: “la riforma federale dovrà prevedere una redistribuzione di attribuzioni tra centro e territorio, per evitare conflitti di competenze che finiscono per paralizzare le iniziative”.

    Se ci si vuole liberare, veramente, dei lacci e dei laccioli che imprigionano i processi decisionali per le grandi infrastrutture energetiche, fermo restando le valutazioni di impatto ambientale che non devono mai essere considerate acquisite definitivamente o date per scontate, questa è la strada da imboccare senza alcuna riserva.

    La vicenda, infatti, delle localizzazioni delle centrali nucleari esplosa, malgrado il cambio di marcia dei più importanti guru ambientalisti del mondo, con la levata di scudi di diverse regioni e di molti comuni è emblematica dell’urgenza di sottrarre la competenza energia a valutazioni che, non essendo globali, sono chiaramente molto parziali e, il più delle volte, sono anche ‘valutazioni’ non economiche o scientifiche ma di semplice ‘opportunità’ politica, o scaturite da palese assenza di quella dote che mancava al don Abbondio manzoniano.
    Giovanni ALVARO

    Reggio Calabria, 27.2.2009

  • TAR, SCELTA OBBLIGATA PER LA CENTRALE A CARBONE DI SALINE

  • La scelta della SEI (Società svizzera proponente l’insediamento di una centrale a carbone in Calabria) di rivolgersi al TAR per sbloccare l’impasse che si è determinato sulla vicenda, può sembrare una forzatura nei confronti della Regione Calabria, di alcuni Comuni schierati contro e nei confronti dell’intera casta dei NO che tanti ritardi e danni ha provocato, in tutti questi anni, nell’intero Paese in riferimento a indispensabili opere pubbliche, a più che urgenti ammodernamenti infrastrutturali, a necessari raddoppi delle più importanti vie di comunicazione ed alla diversificazione e all’ampliamento delle fonti energetiche.

    Al contrario di quanto si possa pensare la scelta della SEI, salutata positivamente da quanti vedono nell’insediamento energetico di Saline Joniche una occasione da non perdere per lo sviluppo dell’area interessata e per rendere il Paese meno esposto ai ricatti del mercato, è la logica conseguenza dell’atteggiamento pregiudiziale della Regione Calabria che denota un’avversione ideologica all’insediamento tanto da decidere negativamente senza attendere le conclusioni di tecnici ed esperti della materia. E’, quindi, chiaramente solo una chiusura aprioristica il non voler tenere in alcun conto le procedure previste dalla legge e il non voler attendere la conclusione della VIA (Valutazione Impatto Ambientale). Forse c’è paura e preoccupazione che i luoghi comuni sull’inquinamento vengano liquidati come allarmismi e basta?

    La Regione, per il ruolo che dovrebbe esprimere, non può, nel sostenere le proprie tesi, trincerarsi dietro la decisione, operata dal proprio Consiglio, di vietare l’uso del carbone su tutto il territorio regionale. Detta decisione è assolutamente assurda anche perché se dovesse passasse l’idea che l’opposizione delle autonomie regionali sia sufficiente a bloccare insediamenti energetici ci si potrebbe trovare, teoricamente, a non poter soddisfare le esigenze dell’intero Paese: ogni Regione, infatti, potrebbe dire di NO e l’Italia dovrebbe continuare a comprare l’energia dai Paesi confinanti come avviene oggi con Francia, Austria e Slovenia. Si ripresenterebbe, per l’energia, lo stesso scenario vissuto per i termovalorizzatori, assurti alla notorietà nazionale dopo le vicende campane che hanno messo in luce che per smaltire i rifiuti bisognava spedirli in Germania con enorme aggravio economico.

    Per fortuna il Governo Berlusconi è stato capace non solo di ripulire le strade di Napoli, ma anche di decidere per l’apertura di discariche provvisorie e per l’avvio della realizzazione dei termovalorizzatori necessari in Campania e nel resto del Paese. Non si chiede un’azione di forza simile, anche in Calabria, sui problemi dell’energia, ma essendo il ricorso al Tar un percorso che coinvolge l’interesse nazionale, non sarebbe opportuno la costituzione in giudizio anche del Governo italiano? Noi crediamo di si, perché dinanzi ad una classe dirigente calabrese chiusa nel proprio orticello e poco sensibile alle necessità più generali del Paese, è necessario riuscire a correggere le distorsioni inserite nelle ‘scelte’ del Consiglio. Scelte inserite al solo fine di ‘accontentare’ soggetti della maggioranza che hanno la loro ragion d’essere solo nel rifiuto pregiudiziale ad ogni insediamento.

    Sarebbe augurabile, però, che ci fosse un ripensamento della Regione per evitare non solo il rischio di ‘subire’ l’insediamento con una sentenza del Tar, ma soprattutto per evitare di bruciare l’occasione di una reale e corposa trattativa a favore dell’intera area grecanica che deve trarre dall’insediamento energetico vere e concrete ricadute per un diverso e reale sviluppo socio-economico. Un investimento di 1 miliardo e 300 milioni di euro non può liquidarsi con estrema noncuranza.

    C’è chi, responsabilmente, ha cominciato a riflettere e a correggere le proprie estemporanee posizioni subordinandole, ovviamente, a stringenti confronti con la Sei, a certezze ambientali e ad assicurazioni sulla non incompatibilità dell’insediamento con le vocazioni turistiche dell’area interessata. C’è chi, come l’on. Giovanni Nucera, partendo da dette considerazioni dichiara che per l’ambiente ‘non esistono politiche ecologiche del no e basta, ma è possibile attuare politiche attive di salvaguardia e di sviluppo privilegiando il ruolo dell’uomo’ e in riferimento alla centrale di Saline Joniche ‘… non ci è sembrato di cogliere elementi di tranquillità nelle risposte finora fornite dalla società interessata all’investimento’. Posizioni intelligenti ed aperte al confronto, al dialogo ed all’accordo sulle ricadute economiche e sociali sul territorio.

    Sarà difficile un ripensamento anche da parte della Regione? Speriamo di no, augurandoci una reale folgorazione sulla via di Damasco.
    Giovanni ALVARO

    Reggio Calabria 10.2.2009