OLIMPIADI, NON SERVE SCOPIAZZARE I COMUNISTI

No, non ci stiamo, malgrado il rischio di parafrasare un famoso detto del ‘Peggiore’, diciamo chiaro e forte, non ci stiamo. Le sortite della Meloni e del pur scafato Gasparri, sono il peggio che poteva prodursi alla vigilia delle Olimpiadi , non certamente, per le encomiabili motivazioni giustificative, ma per l’acre sapore della scopiazzatura del modus operandi dei comunisti, e per l’atteggiamento da primi della classe totalmente fuori luogo, in questo momento.

Che la cosiddetta sinistra ed i comunisti, comunque camuffati, utilizzino strumentalmente, qualsiasi argomento e ogni possibile occasione, come la recente vicenda italiana dimostra, è prassi normale e scontata: ci si aggrappa, infatti, ad ogni aspetto offerto dal dibattito e dalle scelte politiche per tenere la scena e tentare di limitare la loro disperazione, aggirare la loro incapacità a reggere il confronto e uscire dal loro persistente isolamento.

Che lo stesso venga fatto da rappresentanti di un largo schieramento, forte del sostegno della stragrande maggioranza degli italiani, stride e non poco, anche perché non c’è bisogno di simili mezzucci per orientare l’opinione pubblica, e non c’è alcuna necessità di tenere la ‘scena’ strumentalmente, col rischio, non secondario, di innescare effetti controproducenti essendo gli italiani allergici alle strumentalizzazioni di qualunque colore. Mischiare politica e sport potrebbe avere questo risvolto.

Il problema dei diritti civili e della democrazia in Cina non è un problema degli atleti, ma di tutta la comunità internazionale che volendo poteva ‘penalizzare’ il gruppo dirigente cinese decidendo di non effettuare la tornata delle Olimpiadi moderne in quel Paese. Ma se la vastità di quel territorio, la enormità di quella popolazione e gli sviluppi di questi ultimi anni, spingono i politici ad evitare crisi internazionali e gli imprenditori a pregustare i nuovi mercati che si aprono per superare la recessione, è ipocrita ‘scaricare’ l’onere della testimonianza pro democrazia sugli atleti.

La ‘testimonianza’ degli atleti, tra l’altro, a parte i rischi per chi la compie, non sposterebbe di una enne il problema che assilla non solo la Meloni e Maurizio Gasparri, ma tutto il Popolo della Libertà che deve continuare la propria azione di stimolo e pungolo politico sapendo che, pur essendo lunghi i tempi per una valida maturazione, il percorso verso forme di libertà e democrazia è tracciato, obbligato e ormai indifferibile.

Il Nuovo PSI, parte integrante del Popolo delle Libertà e, per storia e formazione, partito libertario sta con i piedi per terra, così come vi sta lo stesso Dalai Lama. I socialisti sanno tenere distinta la politica dallo sport, e quindi lanciano, questo si, con convinzione, un appello ai nostri atleti acchè si facciano onore e possano portare a casa quelle medaglie d’oro, d’argento e di bronzo che sono il riconoscimento della loro bravura e del loro primeggiare. In questo modo potranno ‘testimoniare’ la valenza della democrazia occidentale nella quale sono vissuti, cresciuti ed allevati. Altre forme sarebbero solo civetterie che lasciano il tempo che trovano.

A ognuno il proprio compito. Auguri AZZURRI.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 7.8.2008

Una grande manifestazione politica dei Socialisti del Nord

È di questi giorni la notizia del Congresso, previsto per Gennaio-febbraio 2009, di “fondazione” della PDL.
Una circolare a firma del coordinatore di F.I. Verdini e del reggente di A.N. La Russa, apparso anche nei giornali, tracciano il percorso di un processo che sembra tutto interno ai due principali raggruppamenti.
La somma dei due partiti insomma che, riprendendo logiche ormai a noi Socialisti ben conosciute, considerano tutto il mondo ruotare attorno a loro e di utilizzare, a seconda delle necessità io piccoli raggruppamenti di turno, Nuovo PSI compreso.
Un dibattito, che seppur apparentemente non ci può interessare, in realtà ci obbliga a svolgere alcune riflessioni.
La prima riflessione riguarda al ruolo che una componente laico-liberal Socialista potrebbe e può svolgere all’interno della PDL, ossia senza i “Socialisti” il PDL cosa rappresenta?
Io sono convinto che la nostra area sia elemento indispensabile per la formazione di un nuovo soggetto politico, moderato, innovatore e aperto alle nuove problematiche. E non lo dico da Socialista convinto quale sono sempre stato, lo dico perché oggettivamente manca oggi in Italia un’area che si riconduca alla politica riformista del Socialismo liberale.
È conseguenza evidente che senza il Socialismo liberale il PDL è assolutamente assimilabile al PDL senza la L cioè il PD, un’aggregazione che specularmente si trova ad essere conservatrice.
La seconda riflessione si basa sul fatto se possiamo o meno incidere sulle regole del gioco.
È altrettanto evidente che la risposta è NO.
Del resto un ceto politico che si autocelebra e autonomia non può far altro che stringere il cerchio invece che allargarlo poiché se il meccanismo di confronto si dovesse basare sulle capacità politiche, credo, senza esagerare che il 99% degli attuali dirigenti dei maggiori Partiti Politici si troverebbero immediatamente disoccupati.
E qui si pone per noi il vero problema.
Se siamo convinti, come lo siamo che non vi siano neppure le minime condizioni per intraprendere un confronto con il PD, dobbiamo allora capire come diventare elementi necessari per la costruzione del VERO PDL.
Se si modificherà la legge al Parlamento Europeo, se toglieranno cioè le preferenze e metteranno lo sbarramento, se le liste alle Provinciali saranno composte da AN-FI (PDL) da una parte e i partiti minori dall’altra nel ruolo degli utili idioti se si continuerà il processo di mortificazione di un confronto culturale (bene Gasparri!) come si è sempre continuato noi Socialisti Liberali, abbiamo il dovere di imporci con le idee.
Dobbiamo essere in grado di declinare capillarmente il significato dell’essere Socialisti-Liberali, di essere riformisti di essere innovatori.
Sono molto preoccupato del fatto che alle prossime elezioni Provinciali, laddove saremo determinanti Verdini e La Russa verranno a chiedere la presenza delle liste del Nuovo PSI.
Perché se questo dovesse avvenire senza che noi siamo stati in grado di costruire un progetto politico del dopo Berlusconi, verremo corteggiati, qualcuno di noi si sentirà gratificato per essere stato coinvolto, ma il giorno dopo saremo nella disperazione totale.
A me il PDL così come si sta formando non mi attira molto, almeno per il momento.
Credo fortemente nel processo federativo che possa veraci coinvolti, ma anche per avere il coraggio di proporci come interlocutori dobbiamo essere in grado di dimostrare di non essere dei questuanti della Politica ma viceversa di avere un progetto.
Una grande manifestazione dell’Italia Settentrionale che affronti con coraggio e prospettiva il tema del Federalismo Fiscale, della riforma del Lavoro, del miglioramento delle Infrastrutture, del riordino del Sistema Sanitario, che dia il senso di ciò che significa essere Socialisti oggi nell’Italia Settentrionale è quello che mi sono proposto di fare entro la fine dell’anno e che propongo a tutto il Partito Nazionale, affinché ripartendo con delle tesi Politiche dal Nord si possa tracciare un cammino che non sia solo elettorale ma che abbia il coraggio di scommettere sulla Politica.
Questo sistema non può reggere ancora molto, la politica ha delle sue regole e queste prima o poi ritornano prepotentemente, perché nulla può essere lasciato al caso, né tantomeno all’improvvisazione.
Solo riuscendo a spostare il confronto sulla politica allora potremmo dire di essere indispensabili.
Diversamente il nostro sarà un gioco al massacro, fatto di tante delusioni e di poche soddisfazioni.

Il percorso costituente del Popolo della Liberta’

L’accelerazione data alla semplificazione del quadro politico nazionale con le elezioni di aprile, impone alle forze politiche moderate di dare seguito alla costituzione di quel nuovo partito noto come “Popolo delle Liberta’”. In proposito, pero’, va fatta una considerazione preliminare, che sembra di per se’ ovvia, ma che costituisce elemento di evidente originalita’ : un partito che non c’e’, o almeno non c’e’ ancora nella sua forma giuridica , aggrega, vince, convince, propone, governa un Paese che vive una delle crisi piu’ difficili dal secondo dopo guerra ad oggi . Difronte a questo fenomeno nuovo le forze costituenti dovranno aprire una seria riflessione che investe, a mio giudizio, tre distinti profili: 1) il modello di Partito che si vuole costruire,2) il sistema politico nel quale esso dovra’ essere collocato e dovra’ operare, 3) quali le forze che dovranno interpretare questo nuovo corso . La risposta a questi tre quesiti presuppone pero’ la risposta ad una domanda preliminare : quale modello di democrazia vogliono veramente gli italiani? quello Parlamentare o quello presidenziale? Perche’ al di fuori di questi due modelli non ne esistono altri. Anzi la anomalia tutta italiana di questo lungo periodo di transizione politica che va dalla fine della prima Repubblica, al tramonto della cosiddetta seconda repubblica, e’ stata proprio quella di avere ipotizzato ed applicato un sistema ibrido, fatto di coalizioni onnicomprensive, costituite da formazioni disomogenee per estrazione culturale ed identitaria , di una elevata conflittualita’ all’interno delle stesse coalizioni, e con l’indicazione del premier per finalita’ puramente elettorali , senza che all’eletto, venissero poi effettivamente attribuiti i poteri previsti nei sistemi presidenziali . La risposta a questo quesito la si trova nella Costituzione, la quale ci impone di seguire il modello della democrazia parlamentare imperniato sul principio della centralita’ del Parlamento . Di qui la necessita’ e non solo la opportunita’ di costruire un partito , strutturato capillarmente sul territorio, che sia capace di catalizzare il consenso intorno a ragioni ideali e politiche, omogenee e condivise . Con il voto del 13 aprile scorso il popolo italiano ha dato una indicazione chiara: ha scelto il modello delle grandi democrazie europee, costituito appunto da due formazioni antagoniste attorno alle quali si polarizza la stragrande maggioranza del consenso popolare. Cosi’ il PDL ed il PD hanno raccolto, da soli, ben oltre il 70 per cento dei voti, mentre sono restate escluse dal Parlamento -ad esempio- le formazioni della sinistra radicale e ambientalista oltre che quella riformista moderata che ruotava intorno alla cd. Costituente socialista di Boselli, perche’ esse non hanno saputo evidentemente interpretare le esigenze di tutele reclamate da larghe fasce della popolazione, peraltro le meno garantite e le piu’ bisognose. Sotto tale profilo non puo’ passare inosservato, perche’ il dato e’ di per se’ eclatante, che alle comunali di Roma l’on. Alemanno ha raccolto nei quartieri popolari tradizionalmente di sinistra, piu’ voti del suo antagonista del PD. – Ma il PDL come dicevo oggi non e’ ancora un Partito e cio’ costituisce elemento di precarieta’, se non di confusione, nella attuale situazione politica italiana. Di fronte ad una crisi che e’ diventata crisi di sistema e che attraversa le strutture politiche, sociali ed imprenditoriali del Paese ormai da troppo tempo, non vi e’ altra strada, nell’immediato, che quella di accelerare il percorso costituente di un partito di massa che sia capace di assicurare governabilita’, ricambio della classe dirigente,concentrazione su piattaforme programmatiche omogenee e di ridare autorevolezza e stabilita’ al Parlamento. Perche’ soltanto un parlamento autorevole potra’ avviare la necessaria ed ineludibile stagione di riforme per rendere piu’ moderno, piu’ efficiente e piu’ competitivo il Paese. – Per venire al terzo ed ultimo profilo, quello del CHI dovranno essere gli interpreti della nuova formazione, e’ mia convinzione che elemento imprescindibile debba essere la capacita’ del nuovo soggetto politico di interpretare le istanze, le sensibilita’, le ragioni ideali, se si vuole anche le diversita’ di tutte le componenti ,nell’ambito di una organizzazione democratica. Un Partito cioe’ che sia capace di rimettere la Politica al centro del sistema, di confrontarsi sui programmi , di giocare il suo ruolo sui concetti di ricerca , di innovazione, di meritocrazia, di solidarieta’, di pari opportunita’, di equita’ sociale, di Giustizia. “ RINNOVARSI O PERIRE “ diceva Pietro Nenni. Ed oggi rinnovarsi significa dar voce ad un Paese che vuole riprendere il cammino della crescita adeguando i suoi strumenti alle nuove sfide globali di questo secolo, nell’ottica della integrazione, della tolleranza, della Pace , della sicurezza. E per far questo occorrera’ costruire una organizzazione capace, sin dall’inizio, di aggregare tutte le componenti politiche moderate, di estrazione laica e cattolica, le pluralita’ culturali, nel rispetto delle singole identita’, nell’ambito di quel partito network che Berlusconi immagina come centro di produzione politico culturale, un po’ sul modello dei partiti americani. Con il voto di aprile gli italiani hanno chiesto chiarezza. Linearita’. Rigore. Hanno dato fiducia alle formazioni ed ai partiti collegati all’attuale Premier, affinche’ superate le conflittualita’ e le contrapposizioni, si governi nella coerenza e nella condivisione dei programmi. In una recente intervista l’on. Capezzone, portavoce di Forza Italia, ha detto: “Nessuno dovra’sentirsi ospite in questa nuova casa” . Prendo come buon auspicio questa dichiarazione solenne. Se sara’ vero lo vedremo a breve. Qualora non lo fosse ciascuno di noi riprendera’ – in autonomia- il suo percorso, forte delle proprie idee. Ma in questa denegata ipotesi si sara’ persa forse l’ultima occasione .
Oreste Campopiano segretario reg.le N.PSI

Lettera aperta all’On. Stefano Caldoro:

Il Caso Englaro e le paure della fede

la questione sollevatasi con il controverso caso di Pier Giorgio Welby, nonché quella riguardante le attuali condizioni sanitarie di Eluana Englaro, sarebbero risultate maggiormente superabili se la nostra classe politica si fosse decisa ad introdurre, nel nostro ordinamento giuridico, uno strumento normativo fondamentale al fine di orientarsi intorno a simili problemi: il testamento biologico. Esso, infatti, nel caso di Eluana sarebbe risultato dispositivo prezioso, sia da un punto di vista etico, sia sotto un profilo più sostanzialmente pratico. Ed è per questo genere di motivazioni che risulta già in vigore in gran parte degli altri Paesi occidentali.
Se fosse prevista la possibilità di indicare in un testo scritto le effettive volontà di un malato allorquando questi è ancora nelle proprie piene facoltà mentali, le difficoltà di formazione della prova, in sede giudiziaria, favorevole o contraria ad ogni tentativo di cura nei casi di patologie terminali o di morte cerebrale, diverrebbero meno faticose da discernere.
Certamente, il tema etico di non lasciare mai nulla di intentato nella lotta contro le patologie incurabili rimane questione di fondo, soprattutto negli ambiti della sperimentazione di carattere medico – scientifico. Tuttavia, una certa facilitazione della decisione, pur lasciando al medico l’opportunità di obiettare nel merito per motivazioni di coscienza personale – vincolata altresì all’obbligo di indicazione del collega più adatto ad assumersi determinate responsabilità – appare esigenza non più procrastinabile per un Paese realmente civile. Non si tratta di porre limiti alla Provvidenza: si tratta di concedere a medici e singoli cittadini la possibilità di poter affrontare e risolvere con maggiore linearità quei particolari frangenti di ribaltamento logico che si vengono a creare nelle situazioni più drammatiche e complesse della nostra vita. In tal senso, il cattolicesimo appiattisce la propria impronta morale intorno ad un insano egualitarismo che mescola, assai confusionariamente, i sentimenti di natura più egoistica verso un nostro congiunto, con quelli più altruistici ed effettivamente sinceri.
Ciò risulta atteggiamento indotto sin dalle prime forme di espressione empirica dei nostri sentimenti religiosi: alle autorità ecclesiastiche non sembrano interessare le reali motivazioni per cui Dio viene adorato, purché Esso sia riconosciuto nella sua essenzialità mistico – divinatoria. Tanto per fare un esempio a te che sei napoletano, molti fedeli della tua città non venerano San Gennaro in quanto direttamente riconoscenti al mito del suo martirio o al messaggio del suo ministero, bensì per poter ricevere in cambio una ‘grazia’ di ordine miracolistico. Ora, un padre affettuoso come Beppino Englaro farebbe senza dubbio salti di gioia se sua figlia si risvegliasse dal proprio stato di morte cerebrale in seguito ad un miracolo. Tuttavia, dopo 16 lunghi e difficilissimi anni, egli ha compreso come si stia avvicinando il momento di dover lasciar andare la propria figliola verso Dio, ha cioè capito quanto sia divenuto egoistico il proprio desiderio di rivedere Eluana nuovamente in buona salute.
Eluana stessa, nelle sue dichiarazioni avanzate in passato, avrebbe voluto evitare di rappresentare un peso per la vita dei propri parenti più prossimi. Ma una ragazza con simili sentimenti, sotto il profilo strettamente morale, non può più morire: ella ha già sconfitto la morte, meritando il Paradiso proprio grazie al suo altruismo. Se la Chiesa continuerà a mettere in discussione simili concetti, caro Stefano, finirà con l’ottenere due esiti totalmente opposti a quelli sperati:
1) essa si vedrà messa in discussione in quanto incapace di concepire razionalmente determinate forme di ‘ribaltamento spirituale’, fornendo altresì il fianco alla concorrenza di culti alternativi quali quelli facenti capo alle superstizioni spiritistiche;
2) essa correrà inoltre il rischio di mettere involontariamente in crisi persino il dogma della resurrezione di Cristo, il quale, proprio secondo la morale cattolica, fu capace di vincere la morte decidendo di riporre con coraggio la propria anima nelle mani del Padre. Nel primo caso, ad una Chiesa paurosa nei confronti della morte si contrapporranno versioni alternative in grado di alimentare nuove culture ‘negative’ di questa; nel secondo, il rischio di andare incontro ad una grave forma di incoerenza teologica potrebbe intaccare il valore universalistico del proprio ruolo politico e morale nel mondo, relegandola al solo ambito delle culture religiose rivolte a pochi eletti o ristretta solamente a coloro che vi credono ciecamente.
Sta dunque alla Chiesa la vera decisione di fondo: essa vuol continuare a svolgere un ruolo attivo sul proscenio delle gravi ingiustizie della nostra esistenza terrena, oppure vuole limitarsi a promettere cose a cui essa stessa dimostra di non credere o di credervi in maniera contraddittoria? Caro Stefano, la ricerca di un significato nella nostra esistenza non è detto presupponga una verità eterna: forse è triste confessartelo, ma in quanto laico temo fortemente sia così. Una fede che si pone come paura della morte rappresenta solamente una stampella per coloro che desiderano certezze ma che non possiedono il coraggio di cercarsele in forme libere ed autonome. Ma una fede di questo genere finisce col pretendere solamente per sé la verità e, in base a ciò, rischia di giudicare ‘troppo oggettivamente’ la realtà. In tempi di rivolgimenti globali come quelli attuali, essa può dunque rivelarsi una costruzione dalle fondamenta assai precarie, un vedere che non aiuta o un sapere che non giova a nulla. Ti abbraccio fraternamente.

di Vittorio Lussana
Condirettore di www.diario21.net
Capo redattore centrale di www.laici.it

Il dopo Berlusconi è già alle porte

Non so se dire di essere orgoglioso di non far parte di questo Parlamento o meno!
La riflessione nasce dopo aver assistito, via radio alla manifestazione dell’IDV e dopo aver visto in tv il dibattito sul “lodo Alfano”.
Il mio senso di rispetto per le Istituzioni è sicuramente alto, credo che se delegittimiamo le Istituzioni, ciò significhi automaticamente anarchia nella vita di tutti i giorni.
Ma quando è troppo è troppo.
Un Parlamento nominato, in cui c’è di tutto e spesso il peggio, non è certamente un buon viatico.
E questo vale tanto per la coalizione che noi stiamo sostenendo, quanto per l’attuale opposizione.
Un Parlamento nominato con dentro gli amici più cari, le fisioterapiste di famiglia, i portaborse saliti di grado, fa poi quel che può.
Io credo viceversa che chi fa politica, chi vuole essere un dirigente politico, deve in qualche maniera essere un illuminato.
Ciò non significa essere necessariamente di un ceto sociale o di una classe sociale elevata, ma certamente deve avere una “cultura” del senso dello Stato che chi per una vita ha fatto altro fuori che interessarsi di politica non può fisiologicamente avere.
Mi ha fatto tristezza sentire in Piazza Navona i cosìdetti intellettuali di sinistra ( chissà poi perché di sinistra? O lo sono o non lo sono e basta!), la povera rita Borsellino, che utilizzava una frase si e l’altra pure, il ricordo di suo fratello Paolo, la insoddisfatta Sabina Guzzanti prendersela con il mondo!
Per non parlare poi degli interventi alla Camera!
L’unico che si è salvato è stato certamente Cicchitto, che ha posto esattamente i termini della questione per quello che sono.
Tutto è figlio del colpo di Stato di Tangentopoli!
Ma torniamo al punto di partenza!
Essere Parlamentari non è uno status, non può essere un luogo di lavoro, secondo me neanche molto ben retribuito, per quello che dovrebbe richiedere, né può essere interpretato come l’appartenenza ad una casta dentro la quale si gioca con regole e logiche solo interne.
Per me essere Parlamentari significa avere un progetto, avere qualcosa da dire, contribuire al cambiamento e all’evoluzione del nostro Paese, dando il proprio contributo, modesto o elevato che sia, perché il nostro vivere sia al passo con una Società che si evolve.
E il problema è tanto più dei piccoli Partiti che perdono ogni giorno l’occasione di affermare la propria peculiarità e finiscono viceversa per essere fagocitati dai grandi.
Oggi si ha paura di dire qualcosa di diverso rispetto a quello che i “grandi” fanno o dicono, con la preoccupazione poi di stare fuori da tutto.
Penso invece che si debba fare il contrario, che si debba lodare un progetto quando questo è giusto, che lo si debba contestare e contraddire quando lo stesso è secondo noi diverso da un progetto di crescita.
Se ciò non avviene, se cioè non rivendichiamo la nostra identità e la nostra autonomia, che sono sostanzialmente due modi per intendere la nostra libertà di pensiero, se finiamo con lo stare “coperti” avremo fatto sparire il motivo del nostro esistere, quello cioè che siamo convinti di avere molto da dire e qualcosa da fare.
In parte questo è dovuto al sistema elettorale; non esistono più le preferenze, perciò a che serve muoversi?
Noi oggi abbiamo due Parlamentari!
Qualcuno se ne è accorto? I nostri due rappresentanti si muovono sul territorio pronti a “divulgare” la nostra azione politica? Hanno assunto qualche iniziativa Parlamentare tale per cui emerga in qualche misura la presenza di una forza Socialista e riformista nella PDL?
Secondo me no, e lo dico con rammarico. Ho creduto, forse ingenuamente, che questa, non essendoci i vecchi tromboni, sarebbe stata una stagione di crescita.
Siamo certamente in ritardo ma non tutto è perduto, se vogliamo fare politica.
Dobbiamo dare un’inversione di tendenza, guardando al progetto e non a fare una piccola UDEUR.
Se è vero che i progetti corrono sulle gambe degli uomini, è altrettanto vero che prima servono i progetti. E poi gli uomini; non tutti, bastano quelli che hanno voglia di dare il loro contributo, che credono in un ideale, che voglio fare politica perché la vivono come passione e non come un ufficio di collocamento; servono dirigenti che affrontino con consapevolezza un percorso difficile ed irto, che non siamo pronti a tradire dopo la prima delusione, che non siamo pronti a riprendere un percorso con noi solo perché le proprie ambizioni non sono state soddisfatte.
Serve un gruppo coeso e determinato che voglia scommettere in grande, che non subisca ricatti, che sia libero nella mente e nello spirito, che sia pronto a dare battaglia per un ideale.
Dobbiamo dare un colpo di reni a questo Partito; eravamo più attivi anni fa quando eravamo fuori dalle istituzioni di quanto non lo siamo adesso.
Ci serve un progetto, una proposta, ci serve fare politica. Non possiamo perdere l’ultima occasione.
Il dopo Berlusconi è già alle porte, chi non l’ha capito è perduto.

CASO ENGLARO: SPEDALE (NUOVO PSI), ATTO DI CIVILTA’ E UMANA COMPRENSIONE

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ERA ACCANIMENTO TERAPEUTICO

Roma, 9 lug. – (Adnkronos) – ‘La decisione della Corte d’appello civile di Milano, che ha autorizzato il padre di Eluana Englaro ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzato che da 16 anni tiene in vita la figlia, rappresenta un atto di grande civilta’ giuridica prima ancora che un atto di umana comprensione’. Lo ha dichiarato Franco Spedale, medico e vice segretario nazionale del Nuovo Psi di Caldoro che sostiene il Governo Berlusconi.

‘Si e’ interrotto un calvario – ha aggiunto Spedale – che si era trasformato un accanimento terapeutico che provocava sofferenze anche nelle persone che quotidianamente con grande affetto hanno seguito la ragazza’. ‘Adesso il Parlamento non puo’ perdere altro tempo ed ha il dovere di legiferare per evitare che in una materia cosi delicata ci sia uno scandaloso vuoto giuridico. I giudici ed i tribunali, per quanto preparati, non possono – ha concluso il medico – in uno Stato di Diritto sostituirsi al legislatore’.

RASSEGNA STAMPA/ COSSIGA: USA E CIA DIETRO TANGENTOPOLI

(9Colonne) Roma, 8 lug – In una intervista al Corriere della Sera Francesco Cossiga sostiene che gli Stati Uniti e la Cia non sarebbero stati estranei allo scoppio di Tangentopoli “così come certo non sono stati estranei alle ‘disgrazie’ di Andreotti e di Craxi”. L’ex presidente della Repubblica sostiene questa tesi sottolineando che “Andreotti e Craxi sono stati i più filopalestinesi tra i leader europei. I miliardi di All Iberian furono dirottati da Craxi all’Olp. E questo a Fort Langley non lo dimenticano. In più, gli anni dal ’92 in avanti sono sotto amministrazioni democratiche: le più interventiste e implacabili”. Ricorda quindi il primo incontro con Berlusconi: “Era il 1974, io ero da poco ministro. Passeggiavo per Roma con il collega Adolfo Sarti quando incontrai Roberto Gervaso, che ci invitò a cena per conoscere un personaggio interessante. Era lui. Parlò per tutta la sera dei suoi progetti: Milano 2 e Publitalia. Non ho mai votato per Berlusconi, ma da allora siamo stati sempre amici, e sarò testimone al matrimonio di sua figlia Barbara. Certo, poteva fare a meno di far ammazzare Caio Giulio Cesare e Abramo Lincoln…”. E lo difende quindi dalle recenti accuse: “Non facciamo i moralisti. Il premier britannico Wilson fece nominare contessa da Elisabetta la sua amante e capo di gabinetto. Noi galantuomini stiamo con la Pompadour.
Quindi, stiamo con la Carfagna

Nencini, il PS ed il Nuovo PSI

Si è rotto l’asse Berlusconi-Veltroni? Si farà il PDL?
Tutte domande che al momento non hanno risposte e la sola idea di volerne dare ci può condurre su una strada assai lontana da quello che serve.
Venerdì sabato e Domenica si è tenuto il primo congresso del PS.
Nencini è diventato segretario Nazionale e sta cercando di rilanciare un’iniziativa politica per rientrare nel gioco delle istituzioni italiane.
Alcuni aspettti mi hanno convinto, altri meno.
Non mi ha convinto per esempio l’interlocuzione univoca che ha voluto aprire con Veltroni, anche se una risposta di una possibile apertura è arrivata, allorquando il leader dell’attuale opposizione risponde che la sua partecipazione al congresso è da intendersi come una volontà di ri-costruire un rapporto.
Non mi convince il fatto che ancora una volta non ha voluto affrontare alla radice il vero problema che vi è in Italia e cioè che una forza Socialista, Riformista, moderna e moderata non può interloquire con l’area più conservatrice e dogmatica che ancora è presente nel nostro Paese.
Il problema non può essere quello di affrontare con pregiudizi le importanti riforme che necessitano al nostro Paese, viceversa quello di dare un impulso diverso, nuovo e attuale alle questioni sul tavolo.
Sicurezza, infrastrutture, sanità, giustizia, lavoro; tutte questioni che devono essere affrontate con un approccio moderno, senza preclusioni, senza preconcetti, valutando cosa è necessario fare e quale è la via possibile e migliore per attuarle.
Non mi ha convinto ancora la mancanza di apertura ad un dialogo con tutti i Socialisti, come se loro e solo loro posseggono l’unica e sola identità di Socialisti.
Viceversa ho apprezzato molto il dinamismo e la scommessa che lo stesso ha voluto porre sul tavolo.
L’asse con l’UDC era l’unica via possibile per aprirsi un’interlocuzione, una sorta di asse privilegiato per rimettersi sul tavolo della Politica, obbligando Veltroni a prendere una decisione su Di Pietro ed allo stesso tempo facendogli capire che il PD non può essere il solo depositario della cosìdetta politica riformista.
Così come interessante ed intelligente mi pare la volontà di manifestare per il Presidente della Repubblica; indipendentemente dalla cassa di risonanza che potranno avere, il senso politico di un richiamo alle Istituzioni è condivisibile e apprezzabile.
Un Congresso insomma che ci dà spunti per una riflessione che riguarda anche, per ovvie ragioni, a quello che succede nel nostro partito.
Bene l’intervento di Stefano, che ha portato il saluto della nostra organizzazione e ha offerto, anche se non richiesto, la possibilità al PS di avere degli interlocutori al Parlamento attraverso i nostri due deputati eletti con la PDL.
Quello che invece mi pare troppo lenta è viceversa l’iniziativa politica che in questo momento appare debole sottotono e per certi versi assente.
Se è vero che da una parte siamo gli unici Socialisti presenti in Parlamento è altrettanto vero che tutto questo non appare nella vita Istituzionale.
Per certi versi siamo troppo passivi, in attesa che gli eventi ci precipitino addosso, con scarso spirito d’iniziativa, con uno sfilacciamento che diventa ogni giorno sempre più palpabile e sempre più preoccupante.
Proprio in virtù del fatto che non sappiamo cosa succederà all’interno della nostra coalizione dovremmo essere più dinamici, pronti a interloquire con forza se pensiamo che il PDL si farà o pronti ad essere organizzati se viceversa il partito unico dei moderati non si farà.
Esiste un problema settentrionale nel nostro Partito che pesa come un macigno; un problema di risorse umane e di spazi politici; un problema che presto o tardi saremo obbligati ad affrontare.
Fintanto che il Nuovo PSI non sarà un partito presente anche al Nord, noi non saremo mai un partito!
I prossimi mesi saranno decisivi per capire in che direzione andrà la politica Italiana; il primo appuntamento sarà certamente quello della possibile riforma elettorale per le Europee.
E quello è un appuntamento che il Nuovo PSI non può né deve mancare.
Se saremo capaci di costruire un percorso politico ed organizzativo tale per cui possiamo pensare di raccogliere consensi e di occupare uno spazio politico allora avrà senso continuare a tenere in piedi questa comunità; viceversa il tutto rischia di essere un ufficio di collocamento per pochi.
E questa cosa sinceramente non mi interessa.

DOPO “LOTTA CONTINUA”, VA IN SCENA “GUERRA CONTINUA”

Dopo l’infausta “lotta continua” dei lustri passati, va ormai da tempo in scena “guerra continua”. Quella guerra che, senza esclusione di colpi, si combatte ormai da tempo contro Silvio Berlusconi reo d’aver saputo dare, al popolo moderato di questo Paese, una alternativa organizzata ch’è stata capace di mettere fuori gioco (e non per caso fortuito) la ‘gioiosa macchina da guerra’ d’occhettiana memoria.

Come i presuntuosi di lotta continua, a suo tempo impegnati, inutilmente, a distruggere la borghesia e il capitalismo, si muovono gli strateghi di guerra continua che, anch’essa inutilmente, si sviluppa sull’altare dell’obiettivo di distruzione del pericolo pubblico n. 1, dimostrando così un’incredibile cecità politica.

A nulla sono valsi i risultati elettorali dell’anno scorso che hanno sancito, senza possibilità d’appello, la simbiosi tra popolo e leader del PdL; a nulla i clamorosi risultati registrati domenica scorsa in Sicilia dove è venuta meno la prassi che vuole sconfitti, alle amministrative dell’oggi, i vincitori delle politiche di ieri; a nulla l’aver constatato che il sentimento popolare di adesione al programma dei riformisti e dei moderati è ben saldo e difficilmente modificabile. E questo lo sanno anche lor signori.

Perché quindi l’agitarsi e la ripresa della criminalizzazione dell’avversario? Perché la messa in scena del becero armamentario già abbondantemente ignorato dall’elettorato? Perché di nuovo scenari che ipotizzano pericoli per la democrazia? La risposta è una sola: tutto è riconducibile alla “rincorsa continua”.

La rincorsa di quel Di Pietro allevato dalla sinistra ed oggi loro acerrimo concorrente sul terreno del qualunquismo e del giustizialismo (l’assenza di idee fa amare il sangue); la rincorsa del partito delle toghe che non vuole cedere neanche un millimetro del proprio potere e tiene sotto scacco anche il PD; la rincorsa di grilli, grillini, santoni, santori e guru vari, con l’obiettivo non di conquistare consensi ma di non perderli, e soprattutto per parare i colpi di una sorda lotta interna che sta mettendo in grave difficoltà il buonista (?) Veltroni. Ma se questo è vero, esso dimostra la straordinaria debolezza di un dirigente che piega le proprie posizioni politiche alle necessità, non del Paese che anche con l’opposizione si è chiamati a governare, ma della difficile vita interna del proprio partito.

Del resto, se si guarda al merito della vicenda, ci si accorge che l’atteggiamento del PD è semplicemente strumentale, e costruito su inesistenti emendamenti ‘salvapremier’. L’emendamento in questione, infatti, è condividibilissimo ed è necessario. L’obbligatorietà dell’azione penale costringe i PM a fare delle scelte, privilegiando alcuni filoni a discapito di altri. Stavolta col decreto emendato la scelta viene sottratta al loro arbitrio (spesso piegato a ragioni politiche) e, snellendo il mare magnum dei reati che ingolfano le procure, privilegia l’azione penale dei reati che comportano pene superiori ai 10 anni. Cosa c’è di scandaloso?

Il decreto è, quindi, sacrosanto, mentre il timido Aventino della Finocchiaro è una assurda sceneggiata senza alcun costrutto. Continuino pure così, il PdL e i suoi alleati non debbono farsi condizionare da questi teatrini, ma debbono andare avanti con il loro “governo continuo”.

Giovanni ALVARO

Reggio Calabria 17.06.2008

ANCHE SULLA GIUSTIZIA BISOGNA PROCEDERE DECISI

Siamo alle solite: il partito delle toghe decide di farsi sentire e ridiscende in campo. Lo fa, forse, per tastare il polso del Ministro, del Governo e della stessa opinione pubblica, per saggiarne le reazioni e valutare le mosse successive, ma di certo, per ribadire una propria presenza e un proprio diritto di veto su ogni aspetto della giustizia.

E lo fa anche quando il titolare di Via Arenula, il giovane Ministro Angelino Alfano, ha scelto si muoversi lentamente e con estrema prudenza, a differenza del Governo Berlusconi che, partendo a razzo e disorientando l’opposizione che non ha saputo trovare validi elementi di critica, ha aumentato considerevolmente il proprio consenso popolare, e a differenza di molti Ministri in carica che hanno seguito il leader e hanno messo fortemente i piedi nel piatto di loro competenza.

Il partito delle toghe non ha però messo in conto e neanche ha valutato appieno il cambio d’atteggiamento dell’opinione pubblica che si sintetizza con le nuove posizioni di un guru come Celentano e di un cantautore impegnato, da sempre, come De Gregori, che si dimostrano campanelli di un marcato cambio di fase. I loro atteggiamenti sono segnali della fine dei luoghi battuti per un quindicennio, del superamento della criminalizzazione dell’avversario, e dell’abbandono di un atteggiamento acritico, per far posto ad una vigile attenzione sul percorso dell’ex ‘vecchio odiato nemico’. In sostanza si tratta di una palese apertura di credito.

In sostanza non c’è più il clima adatto ai proclami mediatici, perchè a gridare ‘dagli all’untore’ rimangono poche vestali dell’odio viscerale e interessato. Lanciare campagne contro ogni tentativo di riforma giudiziaria non trova più sostegni popolari perché i guasti causati da lustri di scorribande giudiziarie hanno, al contrario, fatto crescere il consenso per una riforma del sistema giudiziario italiano adeguato ai tempi e comunque teso a realizzare una giustizia giusta.

Se il clima è questo, e al suo cambio hanno contribuito l’uso spregiudicato e spesso inutile della carcerazione preventiva, la pubblicazione di intercettazioni che nulla hanno a che vedere con le indagini su un determinato filone investigativo, il potere abnorme dei PM che sono i veri detentori della ‘giustizia’ (e l’esperienza dice che non sono infallibili), la spettacolarizzazione di casi giudiziari che dimostrano com’è facile l’errore (senza la ‘fortuna’ di un’altra caduta, al padre dei fratellini di Gravina sarebbe spettato l’ergastolo), e, infine, lo svuotamento, con raffiche di assoluzioni o proscioglimenti sistematici, di inchieste partite con grande battage pubblicitario.

Se il clima è così positivo (e lo è. Basti pensare al cambio di rotta dell’ANM il giorno dopo le prove generali), perché prudenza e cautela? Perché non afferrare il toro per le corna e avviare (come per la spazzatura campana, per l’abolizione dell’ICI, per il nucleare, per le grandi opere come il Ponte sullo Stretto e la Tav) non in sordina, ma alla luce del sole, un processo di ricostruzione della giustizia giusta con l’esaltazione della terziarità del giudice che deve necessariamente prevedere ruoli paritari tra accusa e difesa, così com’è in tutti i paesi più civili del mondo, con la responsabilità delle scelte, e con l’applicazione della meritocrazia in modo oggettivo e non con logiche di corpo o di casta che dir si voglia.
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Il Nuovo PSI di Stefano Caldoro si batterà perchè questo si avveri. Una decisa e ferma riforma può aiutare la ricostruzione dello Stato di diritto così a lungo vilipeso.

(Giovanni ALVARO)

Reggio Calabria 9.6.2008

Socialisti, Nuovo Psi: Partecipino a stagione delle riforme

Roma, 21 MAG (Velino) – “L’Italia si accinge a vivere una nuova fase costituente. La stagione del dialogo e delle riforme, che Bettino Craxi seppe disegnare gia’ trenta anni fa, potrebbe trovare nelle intuizioni del socialismo riformista il migliore slancio per affrontare le nuove sfide”. È quanto scrive nella edizione di domani Il Socialista Lab quotidiano del nuovo psi di Stefano Caldoro che lancia l’appello per una rete socialista. “In molti, in questi anni, hanno tentato con dignita’ e coraggio di rappresentare e ricordare quella storia. Iniziative molteplici e generose mai sufficientemente comprensive – si legge nell’articolo che boccia i tentativi di questi anni – dell’intero percorso del Partito socialista italiano. Al paese e alle giovani generazioni – aggiunge il Lab – va consegnata una esperienza che, necessariamente, deve essere sottratta alle strumentalizzazioni politiche. Per dare una risposta a questa esigenza civile, sociale e politica e’ indispensabile uno sforzo comune di quanti, a partire dai parlamentari eletti nella nuova legislatura, hanno vissuto e si ispirano a quella cultura politica. Fondazioni, centri studi, associazioni, circoli, archivi storici, stampa di area sono tutti chiamati ad affrontare una nuova stagione riformista. Si tratta di raccogliere una sfida: quella di invertire la rotta storica caratterizzata da divisioni e di procedere a una comune rielaborazione di una cultura politica adeguata alle nuove questioni civili e sociali. Un patrimonio – conclude il quotidiano socialista – che non va disperso e utilizzato per fini di parte ma che deve essere, per tutti, una chiave di lettura per interpretare e costruire futuro”.

BERLUSCONI: CALDORO (PDL), E’ LEADER RIFORMISTA E LIBERALE

(ANSA) – ROMA, 13 MAG – ‘Un intervento da leader riformista e liberale’. Questo il commento del segretario del nuovo psi Stefano Caldoro, parlamentare del Pdl, alle dichiarazioni programmatiche svolte oggi alla Camera da Silvio berlusconi.
‘E’ stato un discorso di chi guarda al futuro – continua Caldoro – per cambiare e riformare la politica e la societa’. E’ stato importante il richiamo alla centralita’ della persona e del valore del capitale umano che e’ l’elemento di partenza per costruire una societa’ piu’ giusta’.
‘Di rilievo politico infine – conclude Caldoro – la forte e sincera apertura all’opposizione per una nuova stagione costituente alla quale nessuno potra’ sottrarsi’.(ANSA).

LA FONDAZIONE SERVE ALLA VERITA’ STORICA

I commenti alla proposta di Stefano Caldoro, che si possono leggere nel blog del Partito Socialista Nuovo Psi, dimostrano che si è capito poco degli obiettivi che Stefano si prefigge di raggiungere con l’idea della Fondazione. Ed allora mi permetto di fare chiarezza.

La proposta di Stefano Caldoro per la Costituzione di una Fondazione dei Socialisti è quanto di più semplice e necessario si potesse pensare per non disperdere la storia e il ruolo che il Partito Socialista ha avuto nel nostro Paese dalla nascita fino a Bettino Craxi che ha rappresentato, aldilà delle ignobili e vergognose mascalzonate subite con l’esilio e la gogna mediatica, il clou della elaborazione teorica e dell’applicazione pratica del riformismo più puro.

Non so, però, se l’iniziativa avrà il successo che merita anche perché ancora fresche sono le polemiche che ‘dall’interno’ hanno minato e accelerato la crisi del Partito. La fuga (SDI), la diaspora (I Socialisti), la ricerca di nicchie di sopravvivenza (PD) da una parte; e la necessità di continuare un percorso nell’alveo della tradizione riformista, con nuovi (Forza Italia) o antichi strumenti (Nuovo PSI) dall’altra, hanno minato profondamente anche gli aspetti di stima, rispetto e solidarietà, che pur esistevano tra soggetti socialisti che la pensavano diversamente.

Illudersi che oggi dirigenti come Caldoro, De Michelis, Zavettieri, Stefania Craxi, Tremonti, Cicchetto, Moroni, Sacconi, Boniver, Del Turco, Benvenuto, Boselli, Martelli, Mancini, ecc., possano dar vita ad un soggetto di studio, di ricerca e di salvaguardia del marchio e della tradizione socialista italiana sembra impossibile, ma vale la pena tentarne la realizzazione, anche perché la Fondazione non può e non sarà un soggetto politico, non deve e non può fare politica, ma deve solo difendere le verità storiche e blindare insegne e marchio. E deve, anche, saper dire all’opinione pubblica, fortemente frastornata dai media nazionali che parlano di scomparsa dei socialisti, che anche nell’attuale Parlamento vi sono ben 70 parlamentari con radici socialiste, due dei quali (Caldoro e Barani) espressione del Garofano del Nuovo PSI, eletti nel PDL.

Tra l’altro, in tempi di bipartitismo (realizzato con partiti unici o contenitori elettorali), sarebbe l’unica strada per difendere la gloriosa storia dei socialisti. Non è, quindi, velleitaria la proposta di Stefano Caldoro, che non è, lo ripeto, una proposta di autoscioglimento per costruire assurde terze vie. Essa, per i tempi che corrono e le collocazioni ormai sedimentate dei gruppi dirigenti, non punta alla ricomposizione dei socialisti ormai semplicemente impensabile, né punta alla costruzione del partito unico degli stessi, ma solo a difendere e tramandare alle nuove generazioni, il ruolo avuto e i contributi che i socialisti hanno dato al nostro Paese.

La Fondazione non nasce, se nascerà, in alternativa al Partito che per noi continuerà a rimanere il Nuovo PSI.

Adolfo COLLICE

Cosenza 27.4.2008

SOCIALISTI: CALDORO, RIUNIAMOCI TUTTI IN UNA FONDAZIONE =

(AGI) – Roma, 24 apr. – “Dobbiamo prendere atto che ormai c’e’ il bipartitismo e non e’ possibile far rinascere nuovi partiti.
Non si puo’ piu’ riesumare il partito socialista”. Stefano Caldoro, eletto alla Camera nelle fila del Pdl, lancia “una proposta a tutti coloro che sono stati socialisti”. “Dobbiamo – dice – fare una fondazione. Riuniamoci tutti insieme, esponenti di entrambi gli schieramenti, senza vincoli di coalizione”. In questo modo – spiega il leader del nuovo psi – “si potrebbe recuperare il marchio e finalmente salvaguardare i valori che il partito socialista ha incarnato da una vita”. Caldoro non si rivolge soltanto “a Cicchitto, Sacconi, Tremonti, moroni, Craxi”, ma anche “a Benvenuto, Del Turco” e ai tanti parlamentari eletti nelle fila del Pd e che in passato hanno militato nel partito socialista. “Solo con una fondazione – conclude Caldoro – potremo tornare a lavorare insieme, al di la’ delle coalizioni e della propria attuale appartenenza politica”. (AGI) Red 241811 APR 08

RIPRENDERE IL CAMMINO. SIAMO SOLO ALL’INIZIO.

Ho apprezzato l’intervento di Antonino ( Di Trapani ) e, se può avere un significato, sono d’accordo con lui, non solo per quello che esprime, ma per il significato che ha e che intende dire, quello che esprime ( anche se il clinch della critica a Boselli, ma aggiungerei De Michelis e Del Bue, è ormai pleonastico ed insufficiente. Come la coperta corta di Linus… ). Per cui, protesi soprattutto a migliorare noi stessi, più che criticare gli altri, e forti di un successo ulteriormente amplificato dalle nostre intuizioni politiche Venete e Siciliane (apparentamento con i Movimenti Federalisti territoriali ), necessita, secondo me, che da qui si parta per ridefinire una identità che langue ed una esistenza che … non esiste. Per il primo aspetto sarà quanto mai necessaria una conferenza programmatica nazionale, sul secondo un’attenta valutazione dei prossimi passi istituzionali. Mi riferisco alla collocazione Parlamentare dei nostri deputati eletti: nel Gruppo del Pdl o in quello Misto ? I prossimi importanti appuntamenti elettorali delle amministrative 2009 e 2010, necessitano di un ancoraggio, di un riferimento, di un richiamo, ad un soggetto politico nazionale ben identificabile. Per non dimenticare le prossime elezioni europee, con le implicanze di un già dichiarato riferimento al Ppe da parte di Berlusconi e Fini…. Insomma è già tempo che la nostra vittoria elettorale ( il Segretario Nazionale alla Camera dei Deputati ) ed il nostro Garofano diventino notizia da proporre e propagandare pubblicamente ed in ogni ambito possibile. Riconoscendo a noi stessi di essere stati bravi e disciplinati, ora è tempo, dopo il ” primum vivere “, di ” (deinde) philosophare “. Non possiamo più essere un partito fantasma. Abbiamo il grande compito di ricostruire un Movimento Socialista ( Federalista oltre che Autonomista ? ne parleremo ) utile all’Italia ed all’Europa.