E adesso che fare?

I cambiamenti dell’ordine del Mondo, le mutazioni della Politica Internazionale aprono, inevitabilmente, nuovi scenari e nuove prospettive anche nel nostro Paese.
Da troppo tempo si sta vivendo in uno stato di Patologia, ove alla politica si sostituisce il culto della personalità, del velinismo e la strategia dello screditamento.
Tutto ciò provoca inevitabilmente assenza di strategia, carenza di obbiettivi, pessima gestione delle Amministrazioni a tutti i livelli e classe dirigente che occupa spazi politici perchè garantiscono un buon stipendio.
Ma, in un Mondo che cambia, con una crisi Economica che sta notevolmente mutando equilibri, con Paesi considerati normalmente sotto sviluppati che diventano dei nuovi protagonisti, in un’Europa che ha perso la propria identità mostrando mai come ora una debolezza strutturale politica ed economica, l’Italia che già è debole mostra maggiormente la propria incapacità di cogliere le mutazioni e adeguarsi all’evoluzione del Mondo.
Tutto questo ha certamente un “peccato originale”, ed è il modo in cui nel recente passato si è voluto mettere alla gogna e cancellare una classe politica, sostituendola con un’altra assolutamente impreparata.
Una volta eseguita la diagnosi è però necessario attuare una terapia.
Il fallimento dei quesiti Referendari ci consegna una situazione nella quale non è ancora maturo il Bipartitismo, così come del resto molto lo si era già evidenziato nella ultima tornata elettorale, nella quale, alle elezioni per il Parlamento Europeo, in cui si usa un sistema Proporzionale con sbarramento ed in cui si è cercato di ridurre al massimo l’intervento del cittadino, creando in alcune circoscrizioni, liste “pseudo-bloccate”, diverse erano le liste che hanno voluto evitare di essere “annesse” a contenitori maggiori.
Noi lo scorso Marzo abbiamo aderito alla costituzione del Popolo delle Libertà.
Un progetto certamente interessante e di novità che ad oggi però presenta il grande vuoto della progettualità.
L’unico elemento che ci sembra di cogliere, è quello di costituire un unico gruppo al Parlamento Europeo che si è iscritto al Partito Popolare Europeo.
Manca ad oggi un progetto concreto, evidente, che permetta a realtà diverse, che vogliono combattere il dogmatismo e l’integralismo, di condividere un percorso.
Ed in più non sono ancora chiari gli equilibri delle varie componenti all’interno del nuovo soggetto.
Quello che viceversa si rende evidente è il vuoto lasciato da un’area Laica, Socialista Liberale che non è adeguatamente rappresentata né dai cosìdetti Socialisti di Forza Italia, che hanno viceversa svenduto Storia Ideali ed hanno gravemente nuociuto allo sviluppo di una corrente di pensiero che richiamasse gli ideali del riformismo Europeo, né dai Socialisti che partecipando ad una lista con i dogmatici ex-PCI hanno cancellato ogni velleità di presenza, né tantomeno da noi che con il Nuovo PSI abbiamo scelto, spesso, troppo spesso, la via del tatticismo, del silenzio timido.
Se è vero che in un Mondo che cambia, necessariamente serve una filosofia di pensiero adeguata allo sviluppo dei tempi, è altrettanto vero che rinunciare alla propria identità culturale ed alla propria autonomia di pensiero ci indirizza in un vicolo cieco nel quale ogni percorso ideale e politico viene a mancare a scapito di nuove regole, che non essendo quelle della politica, sono per noi che viceversa ne abbiamo da sempre fatto un’abitudine di comportamento, incomprensibili e impossibili da utilizzare al meglio.
Si rende così necessario adeguare la nostra azione politica ad una scenario che certamente non è più quello della fine 800 inizi del Novecento, ma dell’epoca della tecnologia della globalizzazione dei mercati, della cultura delle abitudini di vita.
Una nuova forma di riformismo che sappia cogliere le nuove necessità, sappia interpretare il nuovo Mondo e sappia prevedere la possibile direzione che lo stesso andrà ad assumenre nel futuro.
È necessario passare dalla fase del tatticismo a quello dell’iniziativa e della proposta politica, rivendicando con grande coraggio la nostra chiara identità culturale e la nostra autonomia, rafforzando il contenitore Partito sul territorio riempiendolo di contenuti che ad oggi sono stati completamente assenti.

I dati elettorali conseguiti alle ultime elezioni non sono certamente dati confortanti.
Escluso quelli ottenuti in alcune, pochissime a dir la verità , province che ne fanno esclusivamente un fattore Localistico, quasi da lista Civica, il Nuovo PSI in molte situazioni non riesce ad ottenere nemmeno il vecchio voto di simbolo, ma si attesta notevolmente al di sotto.
Se da un lato vi è l’ipocrita considerazione che il dato di rilievo è stato che la presenza del Partito è stata evidente sul territorio, dall’altro è evidente che non vi erano motivi alcuni per i quali gli elettori dovessero votare il Nuovo PSI.
Troppo spesso siamo stati supinamente in silenzio su argomenti di fondamentale importanza, non siamo stati in grado di fornire ai dirigenti periferici indicazioni e percorsi, né siamo stati in grado di coinvolgere il Partito nelle scelte di opportunità politiche, dalla PDL alla compilazione delle liste, che avrebbero mobilitato i quadri.
Viceversa il senso è stato quello di un diffuso rompete le righe per il quale molti anche dei nostri dirigenti si sono sentiti coinvolti e interpreti di un opportunismo politico che alla fine sta comportando la conclusione di una battaglia che da quindici anni stiamo ostinatamente portando avanti.
È necessario cambiare marcia, affrontare con consapevolezza le sfide che ci si pongono davanti, superare la timidezza dell’opportunismo, costruire con le giuste ambizioni un progetto politico, che sappia, all’interno del contesto che strategicamente abbiamo identificato come naturale, quello del PDL, raccogliere tutti gli innovatori, moderati e riformisti.
Riempire uno spazio lasciato vuoto, ritornare all’utilizzo delle regole della Politica, abbandonare la logiche personalistiche di sopravvivenza, rilanciare viceversa un progetto di “fisiologia politica”, nel quale il confronto, il ragionamento, la strategia, l’intuizione e l’interpretazione del tempo moderno siano la base della moderna Politica.
Se il Partito Socialista così come eravamo abituati a considerarlo non sarà più lo stesso, allo stesso modo, non è venuto meno la necessità di un moderno soggetto Socialista Liberale.
A noi raccogliere la sfida e saper essere i Nuovi Socialisti.
L’alternativa è sparire.

GIANFRANCO FINI, DEMOCRATICO AFFIDABILE?

Anche se la telenovela di un Fini uomo di sinistra è diventata veramente stucchevole, essa si presta ad alcune considerazioni sulla doppiezza dei post e catto-comunisti, e merita qualche riflessione. E’ un’esigenza che sentono, soprattutto, i socialisti quelli, per intenderci, che hanno rifiutato l’egemonia di lor signori, e sono stati ripetutamente tacciati di ‘tradimento’ perché ad un’alleanza ‘normale’, a sinistra, hanno preferito fare una scelta di campo considerata ‘scandalosa’.

Ricordano un po’ tutti, ma soprattutto gli interessati, che il liet-motiv della polemica era rappresentato dal disgusto per un’alleanza con gli ‘eredi del fascismo’ rappresentati dai vecchi ma anche dai nuovi dirigenti dell’ex MSI. In particolare veniva attaccato proprio Fini, e a nulla serviva dire che, dopo Fiuggi essi si erano ‘mondati’ del peccato originale rappresentato dall’essere uomini provenienti da una ideologia sconfitta dalla storia, ed erano ormai una forza genuinamente riformista e sicuramente democratica.

Valevano, nel ragionamento dei socialisti craxiani, le scelte garantiste e riformiste decise da AN assieme all’intera coalizione, prima, della Casa e, dopo, del Popolo delle Libertà. Per anni, invece, gli ex comunisti hanno coperto di contumelie ed indicato al pubblico ludibrio quanti risultavano alleati di Silvio Berlusconi e di Gianfranco Fini.

Ma son bastate alcune dichiarazioni del Presidente della Camera per cambiare registro e musica. Non le dichiarazioni tipo: ‘le leggi razziali sono state un’ignominia’, o addirittura ‘il fascismo è stato il male assoluto’. No, non queste, ma quelle più, terra terra, tipo: – no al cesarismo; – no all’abusato ricorso ai decreti legge; – no alla tassa agli immigrati; – no all’obbligo per i medici a denunciare i clandestini curati; – si al voto agli immigrati; – no al voto delegato ai capigruppo; ed altre simili. Non, quindi, le dichiarazioni che dimostravano la rottura col proprio passato ideologico, ma le dichiarazioni che potevano essere interpretate come una presa di distanza dal suo maggiore alleato, cioè il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
E allora Fini diventa un uomo politico con una solida e condivisibile cultura democratica di base, addirittura un democratico di cui ci si può fidare, né più e né meno di un Veltroni prima e di un Franceschini dopo. Anche la proposta, avanzata scherzando, che lo vedeva come novello Segretario del PD, s’inquadra in questo corteggiamento, in questo improvviso innamoramento, che liquida in un colpo solo tutte le frasi fatte sull’uomo nero, il fascista impenitente, l’erede degli stragisti, l’essere immondo da cui tenersi alla larga.

Ebbene: o hanno visto giusto, e in anticipo, i socialisti riformisti e craxiani del Nuovo PSI accettando Fini come alleato, o si pensa di forzare alcune posizioni per puntare, illusoriamente, allo scardinamento della solida alleanza che sta portando verso la costruzione del PdL. Comunque tutte e due le ipotesi sono valide perché se i socialisti avevano visto giusto, aldilà di un’inutile e non richiesta certificazione dell’attuale sinistra, i catto-comunisti strumentalmente pensano di creare problemi ad una coalizione realizzata su dati valoriali e non elettorali.

Si ripete la vecchia storia del Bossi ‘costola della sinistra’. Ma è un giochetto senza respiro politico basato solo su qualche accarezzamento che risulta offensivo dell’intelligenza dell’interessato. Ogni discesa, è opportuno ricordarlo, è anche una salita. Sarà difficile dire domani che Fini è invece un uomo nero.
Giovanni ALVARO

Reggio Calabria, 18.3.2009