A che serve la riunione del 14, con queste premesse?

 

  

 

                               Avevamo pensato, interpretando gli orientamenti della stragrande maggioranza dei compagni calabresi, che la riunione del 14 aprile potesse essere utilizzata, in un clima rasserenato, per riprendere le fila di un dibattito che dovrebbe, pur nella diversità dei convincimenti, vederci comunque uniti. Sostenevamo che non ci si poteva permettere il lusso di scivolare nel baratro dell’ennesima scissione.   

                               Avevamo quindi salutato positivamente la raccomandazione del compagno Mauro Del Bue acchè la riunione di Sabato potesse svolgersi nel massimo rispetto per le opinioni di tutti, senza processi o criminalizzazioni, ma l’intervento del compagno Verrecchia sembra andare decisamente in altra direzione. E così certamente non va. Se questo è il terreno di confronto per ritrovare i comuni denominatori dello stare assieme, siamo lontani anni luce da ipotesi di reale ricomposizione. E vediamo comunque perché. 

                               Verrecchia parte, e non a caso, contestando la validità delle ‘presunte’ decisioni ‘non accettabili’ del CN del 31 marzo dimenticando che il documento è stato messo ai voti dal compagno Pizzo e che ha ricevuto solo 5 voti contrari. Il concetto di maggioranza e minoranza che si ha è chiaramente fuori da ogni logica, ed è altrettanto fuori da ogni logica anche il continuare a pensare che le decisioni assunte siano cancellabili. La più importante di dette decisioni è la convocazione del Congresso nazionale per il 23 e 24 giugno prossimi.  

                               Subito dopo Verrecchia ripropone la lettura strumentale delle decisioni del 17 novembre pensando di cogliere una contraddizione tra quanto deciso e quanto il Coordinatore nazionale, Stefano Caldoro, (contro il quale bisognerebbe smetterla di continuare a seminare veleni) dichiara nelle sue interviste. Ci si dimentica che mai è stato deciso che bisognava collocarsi fuori dalla Casa delle Libertà, ma si è semplicemente affermato, tra l’altro all’unanimità, che “il Nuovo Psi è forza politica autonoma della sinistra riformista e liberale, collocata all’opposizione del governo Prodi, distinta dalla Casa delle libertà, che peraltro non esiste più, almeno nelle forme del passato, che hanno consentito un’alleanza politica ed elettorale col nostro partito”. In nessun passaggio è sancita la rottura dell’alleanza: il senso del deliberato è che era necessario rinegoziare i termini del nuovo possibile accordo. Che l’esperienza con la Casa delle Libertà, in un sistema bipolare, sia da considerarsi esaurita è solo un convincimento del compagno Verrecchia e non un deliberato del nostro Partito. L’alleanza, in un sistema bipolare, pur nell’autonomia e nella difesa dell’identità, è semplicemente vitale. 

                               Verrecchia tra l’altro fa finta di ignorare che non c’è neanche, nelle decisioni del 17 novembre, la delega al Segretario per ‘sposare’ Bertinoro col carico di ambiguità e voglia di traghettamento della nostra comunità nella cosiddetta sinistra dominata dai comunisti, ex e post che siano. Nessuno ha conferito al Segretario la delega per avviare la Costituente socialista tra gli spezzoni della diaspora e gli scontenti, di altre formazioni, notoriamente antisocialisti. Cosa avvita pur avendo dichiarato ripetutamente che parlava a titolo personale. C’era invece, ed è stato completamente affossato, l’impegno a convocare il CN il 7 febbraio 2007 per decidere la data del Congresso unico organo abilitato a cambiare linea politica.  

                               Il Consiglio è stato convocato, a denti stretti, il 31 marzo sol perché ben 7 regioni ne avevano chiesto la convocazione, ed era estremamente difficile ignorare questa richiesta senza correre il rischio di una convocazione che poteva essere fatta da qualche Magistrato. Forse questa legittima e statutaria richiesta è alla base delle difficoltà che la riunione ha registrato all’Hotel Palatino.  

                               Tutto il resto, scritto da Verrecchia, è di competenza del Congresso, perchè senza regole certe gli appelli all’unità lasciano il tempo che trovano. Ma Sabato 14 aprile, a questo punto, a che serve? A dilaniarci ulteriormente? Forse il tempo delle riflessioni pacate è ancora lontano. Aspettiamo la fine della campagna elettorale amministrativa, e forse dopo sarà più facile rimetterci a discutere di politica e del Partito. 

Il Gruppo dirigente calabrese del Nuovo PSIAdolfo Collice                     – Commissario Regionale Giovanni Alvaro                  – Commissario Reggio CalabriaGianfranco Bonofiglio        – Commissario CosenzaDomenico Fulciniti              – Commissario CatanzaroCarlo Pantano                      – Commissario Vibo Valentia

L’incontro del 14 aprile: un’ottima occasione di confronto. Mauro Del Bue

Accolgo volentieri la proposta di un incontro, al quale parteciperò, tra l’esecutivo del partito e i segretari regionali da svolgere nella mattinata di sabato prossimo, 14 aprile. Credo sia giusto che all’incontro siano stati invitati tutti i segretari regionali, senza esclusione alcuna. Raccomando solo quanto segue:
1) Che all’incontro presenzino solo i componenti dell’esecutivo e i segretari regionali. Dobbiamo uscire da quest’idea assembleare della politica che poi ci spinge e svolgere riunioni come quella dell’ultimo Consiglio nazionale.
2) Che la riunione si svolga nel massimo rispetto per le opinioni di tutti, senza processi o criminalizzazioni, ma certo con l’impegno solenne a non ripetere risse e farsesche discussioni statutarie, stile ultimo Consiglio.
3) Che si assuma l’impegno a definire insieme i contorni di una vita democratica in una piccola comunità come la nostra, dove valgono le decisioni degli organi, di tutti gli organi, dove il segretario ha il potere che gli viene conferito da un congresso, dove a nessuno può essere mai consentito allo stesso tempo di promuovere congiure di palazzo o assalti alla baionetta. La cosa che più mi ha colpito in queste settimane è che ci sono un po’ troppi compagni che si trovano a loro agio nelle divisioni e considerano l’unità anziché un bene un vizio. Ritengo questo non solo un comportamento sbagliato, ma addirittura esiziale. Davvero continuare e a dividere l’atomo, come già avvenuto al non congresso del 2005, ci darà qualche chanche futura?
4) Che si separino gli scontri del Consiglio con l’incontro di sabato. Se ci sono stati comportamenti violenti personali questi vanno denunciati e puniti anche con provvedimenti disciplinari. Se vi è stata una gazzarra organizzata va condannato chi lo ha fatto. Ma ho la sensazione che non ne caveremmo un ragno dal buco e non intendo partecipare a uno scontro di principio tra chi sostiene che, come io credo, il segretario del partito abbia diritto sempre a svolgere una relazione all’inizio del Consiglio, e chi sostiene che l’ordine del giorno comportava la relazione del segretario al quarto punto. Far credere che su questo si siano verificati i noti fatti è davvero molto difficile, ma almeno formalmente è stato così.
5) Il nostro incontro, se vuole essere positivo, dovrebbe invece fornire un calendario di appuntamenti per promuovere e definire le scelte politiche del partito, accertando ancora una volta la convergenza che da mesi si è registrata negli organi, o la differenza, quindi formando una maggioranza e una minoranza, naturalmente da verificare in un congresso nazionale.
6) E soprattutto dovrebbe sottolineare le cose che non sono soddisfacenti nella gestione del partito: la difficoltà a comunicare le nostre posizioni, se non quando il nostro dibattito diviene occasione per una cronaca di costume, la nostra amministrazione fino ad ora approntata a superficialità, senza atti contabili approvati annualmente, organi dei quali spesso non si ha contezza della loro composizione e tesseramenti in qualche parte contestati e non si capisce se approvati o meno dagli organi competenti.
7) Le regole della nostra convivenza: questo dovrebbe essere il tema dell’incontro. Regole chiare e certe, definite una volta per tutte. Al di fuori di tutto questo, e se intendiamo continuare a procedere nel modo farraginoso e superficiale degli ultimi mesi, se ognuno di noi, compresi i compagni che ritengono di essere stati danneggiati, non assumono un atteggiamento consono a far prevalere il bene collettivo rispetto ai pur comprensibili diritti individuali o di gruppo, è meglio dirci addio. Se insomma non siamo una comunità, ma più comunità, ritengo sia inutile stare insieme se non per danneggiarci reciprocamente. E’ evidente che le differenze di linea politica si sono combinate in questi mesi con contrasti di organigrammi, prima prospettati e poi negati. E che quattro organi di partito hanno votato all’unanimità documenti politici da luglio ad oggi e la base di un intesa congressuale è stata definita. Si vuole rimettere tutto in discussione? Può essere un’idea…
8) Tra poco inizierà la campagna elettorale per le prossime amministrative. Dovere di noi tutti è appoggiare le nostre liste, ovunque esse siano collocate. Credo che la cosa migliore in questa fase pre-elettorale sia quella di concorrere ad un buon risultato del nostro partito. L’unico che poi conti davvero, se non vogliamo organizzare una comunità senza voti e con un dibattito che si trasforma in rissa. Cioè se non vogliamo diventare solo un’occasione da cronaca nera e rosa. Se non ci preoccupiamo di verificare se siamo ancora un partito, cioè se abbiamo ancora una base minima di consenso, di cosa stiamo parlando? Ne siamo tutti consapevoli o non sta prevalendo anche tra noi una tendenza a mettere sotto processo tutto il gruppo dirigente, come se tutti fossimo la stessa cosa, per verificare se magari qualcuno può sostituire qualcun altro? Tendenza legittima sempre, sia ben chiaro. Ma se continuiamo in questo modo i presunti rinnovatori cosa andranno mai a rinnovare?

Mauro Del Bue

Per una fase Costituente. F.G.

 

E’ indubbio che la politica abbia in sé i tratti della passionalità, della ruvidezza e non di rado della rissosità. Il rapporto tra i due schieramenti, dentro e fuori le Aule parlamentari nell’ultimo decennio della vita politica del Paese, persino negli stessi partiti che ne costituiscono la dorsale, ne è del resto la riprova. Ciò avviene, ed è avvenuto, in molte democrazie contemporanee e nella gran parte delle organizzazioni politiche e degli interessi collettivi.
Laddove c’è confronto, contrasto di posizioni, talvolta conflitto di interessi, aspirazioni di governo o esigenza di rappresentanza, non mancano divisioni e fratture, talvolta separazioni. Queste fibrillazioni permeano il sistema politico e finiscono spesso per coinvolgere le stesse istituzioni, sì da provocare veri e propri strappi istituzionali. Non sempre si arriva alla rottura istituzionale, ma il deficit di funzionamento è tale da indebolirne fatalmente l’azione, la trasparenza e la fiducia.
Molto più frequentemente, certo, avviene all’interno dei partiti, nonostante le regole democratiche e in ogni caso entro certi limiti.
La politica guida e indirizza le istituzioni e, si dice, queste ultime sono le ombre allungate degli uomini. Se così è, non è poi così difficile trovare le ragioni per le quali le nostre istituzioni, nell’ultimo quindicennio, siano state così poco sensibili e instabili nel rappresentare al meglio l’interesse collettivo e generale del Paese.
C’è sempre una parte versus l’altra. Naturalmente il conflitto è parte integrante della democrazia, ne alimenta l’evoluzione e la direzione, spesso il ricambio della classe dirigente. Esso però deve essere metabolizzato, governato, mediato, e non lasciato a sé stesso.
Nei momenti difficili, allorquando il rischio è quello della deflagrazione, almeno nei sistemi politici consolidati e più stabili, più responsabili potremmo dire, si giunge alla frattura e alla separazione in seguito ad un contrasto strisciante, oppure al termine di una divaricazione incomponibile.
La storia dei socialisti in questo Paese, in particolare, ancor prima dell’odierno assetto bipolare -benché esistesse una divisione ben più netta quale quella di Yalta- è ormai nell’immaginario collettivo la storia di una coazione a ripetere.
Nel corso di questo lungo tratto di storia del paese il partito socialista, che più di altri ha promosso e sostenuto i valori ed i princìpi del riformismo socialista, è più volte inciampato in fratture interne, in lacerazioni e in scissioni. Più di una volta si è trovato scosso nelle fondamenta in presenza o a seguito di scelte importanti.
Eppure non sono mancati i momenti in cui, benché su posizioni diverse, nulla ha impedito il formarsi di maggioranze e legittime minoranze. Entrambe con la stessa dignità e il medesimo rispetto, ognuno con la propria responsabilità.
A differenza di ieri, tuttavia, esito evidente di una politica avvelenata dai semi della mutazione che ha permeato il sistema politico e della rappresentanza degli interessi negli ultimi quindici anni – e che si ritrova evidentemente in molte altri soggetti politici –oggi, laddove c’è il dissenso sembra quasi naturale e legittimo che dietro l’angolo vi sia già pronta la trama della delegittimazione, quando non l’agguato politico.
Avviene nella famiglia socialista, ma anche altrove le cose non vanno certo meglio.
Un autorevole Ministro della Repubblica ammette che non parteciperà ai lavori congressuali del proprio partito perchè il confronto interno è ormai diventato una ‘conta tra bande’. La stessa costruzione del PD, che pure dovrebbe essere il contenitore e la piattaforma del ‘nuovo’ soggetto riformista-liberale-democratico del paese appare sempre più un lungo e contradittorio negoziato di elìte.
Vi è dunque una questione di carattere più generale, che riguarda sì i socialisti ma che finisce per coinvolgere in realtà il sistema dei partiti in quanto tali. Quando i socialisti parlarono di Grande Riforma intendevano anche questo.
Più di una volta i socialisti sono stati dilaniati per eterodirezione, e sull’argomento c’è da porsi forse oggi una domanda: sono stati bravi gli ispiratori nei loro progetti di frantumazione del PSI, o sono stati viceversa incapaci i socialisti di difendersi, di difendere sé stessi, la propria identità e autonomia da queste scorrerie esterne?
E’ forse una questione antropologica, fine a sé stessa, o la risposta non va forse rintracciata nel fatto che in questo lungo percorso il riformismo socialista, quello che fa riferimento da sempre al socialismo europeo -il quale ancora oggi rappresenta una delle esperienze politiche più feconde e originali della vecchia Europa – al di là delle percentuali elettorali, è una fattispecie da controllare e manomettere perché rappresenta un dinamismo culturale e politico tanto fecondo da rappresentare un insidia per il confronto politico?
La bagarre del Consiglio Nazionale del Nuovo PSI rappresenta bene, purtroppo, un metodo ed un costume della politica che si è andato via via dilagando e che sembra ormai completamente sfuggire alla responsabilità alla quale sarebbe in realtà chiamata la politica, alla sua stessa ragion d’essere.
Vi è un debordamento fuori controllo, una fragilità, un deragliamento dalle regole di autogoverno responsabile che non corrisponde più alla politica che dovrebbe interpretare, mediare, portare a sintesi i contrasti e le contraddizioni di una realtà contemporanea sempre più complessa, e guidare poi le istituzioni con i propri uomini. A larga parte della politica sembra ormai interessi più che l’esercizio della rappresentanza la ricerca di ‘zone franche’, di extraterritorialità di giudizio e di verifica.
Il nesso causale tra instabilità istituzionale, sfaldamento del sistema politico e la diffusa insofferenza e indifferenza dei cittadini nei confronti della politica è da rintracciare in questo metodo, in questa sindrome; vale a dire in una politica che sembra ormai completamente avvitata su sé stessa in un percorso di autoreferenzialità, scollata da una società reale che va avanti nonostante la politica.
Nella comunità del Nuovo PSI, per tornare al Consiglio Nazionale di pochi giorni fa, la responsabilità di quel che è avvenuto è da ascrivere non tanto ai casseur che si sono prestati all’opera, quanto agli ispiratori che ne hanno guidato e preparato l’azione.
Quel che appare paradossale è il fatto che proprio nell’istante in cui, in seguito al lungo logoramento della Seconda Repubblica, riemerge con forza –per un insieme di ragioni- la ‘questione’ socialista (al pari della questione di quale democrazia dell’alternanza) e dunque l’opportunità di riavviare le condizioni per la ricostruzione una grande, ampia forza socialista e riformista quale esiste in tutti i paesi europei, in grado di riportare la politica e le istituzioni nel suo binario più corretto, siano proprio i socialisti a non essere all’altezza della sfida.
Di fronte a un sistema politico che ormai sbanda quotidianamente, ed a un sistema istituzionale che dovrebbe ritrovare maggior equilibrio, c’è oggi l’opportunità di rilanciare un’azione che, messa in campo sin dal Congresso di Bari del 1991, non ha potuto dispiegarsi perché bruscamente interrotta.
E’ giunto il tempo di rimettere in piedi e insieme la famiglia socialista, nell’alveo del PSE, al pari delle altre grandi esperienze socialiste, socialdemocratiche e laburiste europee. Sia con coloro i quali vengono da quella tradizione e da quella esperienza- e che oggi da dirigenti, semplici militanti o elettori aderiscono a varie formazioni politiche – sia con la ricomposizione della diaspora, sia infine con tutti coloro i quali non condividono il percorso e il progetto indistinto e a fusione fredda del Partito Democratico.
La Costituente Socialista è e può essere il cantiere attraverso il quale rimettere in moto un processo che guardi al futuro del Paese, non al suo passato.
E’ il cantiere dal quale tracciare un’azione forte per il ritorno della Politica alla sua vera ragion d’essere, per rilanciare una sfida per la modernizzazione del paese, per interpretare le nuove domande di cambiamento che vengono dalla società civile, per promuovere e sostenere delle risposte alle tante questioni economiche, sociali e civili ancora aperte; per contribuire a rimodellare il quadro politico intorno ad un assetto più omogeneo e meno conflittuale, e rivisitare il sistema istituzionale intorno ad un progetto di riforma credibile e autorevole.
Il Nuovo PSI di certo non può attardarsi. Dopo il CN, privo di una votazione certificata, vi è in primo luogo l’esigenza e l’urgenza di un ripristino delle regole del gioco; il ritorno ad un autogoverno responsabile che non significa unanimismo di maniera ma confronto aperto, netto, anche aspro se necessario. Non una conta tribale, ma la legittimità a confrontarsi su posizioni di maggioranza o minoranza, legittimamente validate, qualora non vi siano le condizioni per convergenze consensuali.
Da tempo si è impressa una netta distanza e distinzione da quella che era la Casa delle Libertà, che persino per Buttiglione e Casini non esiste ormai più.
Coloro i quali ‘senza sè e senza ma’ ritenessero, anacronisticamente, che quella ‘transitoria alleanza’ debba avere ancora un seguito, lo dicano apertamente, senza infingimenti né manovre sotto il tavolo. Deve essere altrettanto chiaro che non c’è e non ci sarà alcuno spazio per un’altra aggressione di casseur volta alla delegittimazione del Nuovo PSI e del suo segretario.
Se il Partito deciderà quanto prima di aderire alla fase della Costituente socialista in funzione della ricostituzione di una larga e ampia forza politica socialista e riformista, naturalmente all’interno del PSE – come penso siano convinti la gran parte dei suoi dirigenti ed elettori- questo potrà avvenire consensualmente, se il dibattito interno lo consentirà nonostante le indebite interferenze esterne – o a maggioranza.
La minoranza, legittimamente, potrà dissentire, non aderire, scegliere un’altra strada, ma in ogni caso non potrà pretendere di impantanare o impedire questo percorso di riaggregazione intorno ad un progetto autenticamente riformista, né troverà terreno fertile per impossessarsi di un identità indivisibile che appartiene solo ed esclusivamente alla storia politica del Paese.

F. G.

Dobbiamo radicarci sul territorio. Bruno Rubes

Smettiamola una buona volta con le barzellette delle Costituenti !

I socialisti, tutti, ovviamente me compreso, avrebbero invece bisogno di una buona dose di ricostituente in formato mega supposta. Son quasi 10 anni che sistematicamente a fasi alterne vengono messe in campo queste belle pensate alle quali non crede più nessuno, nemmeno il socialista più sprovveduto perché inframezzo, vi è sempre e solo una semplice questione, quel piccolo potere, quella poltrona a cui nessuno vuole proprio rinunciare. Sarebbe intellettualmente più onesto che i nostri massimi dirigenti dicessero a noi portatori d’acqua : Noi, illuminati da Dio non possiamo vivere senza la nostra “poltrona” , ci serve una truppa, anche se piccola e non importa se
poi si intruppa e se si azzuffa ad ogni congresso o consiglio nazionale anzi, meglio se non si riunisce proprio così non si corre il rischio che prima o poi serva anche l’ambulanza.
Quando ero più ingenuo speravo fermamente nell’unità socialista per un semplice ragionamento: o tutti i socialisti si rimettono assieme per contare di più o non ce né per nessuno! E non ci è stato di esempio neppure il dato elettorale delle elezioni Europee con il simbolo “ Socialisti uniti per l’Europa “ che ha illuso l’elettorato socialista ma che non imbroglierà più nessuno.
Costituente con chi? Con chi, eletto in parlamento per qualche Santo del centro destra ha poi cambiato idea rimanendo però incollato al proprio scranno sino all’ultimo secondo ed ha poi portato a compimento questa sua nuova strategia anche a costo di distruggere quel poco di N.PSI che si era faticosamente rabberciato pur di aver garantito un nuovo scranno da altra parte ? Con chi vuole costantemente portare in tribunale il nostro partito (ma forse per dargli un poco di notorietà)? Con Boselli e C. che ci hanno propinato sino alla nausea “ i socialisti sono di sinistra ed il N.PSI non può stare con il centro destra ? Ebbene amico Boselli, noi siamo usciti dalla C.d.L., ci siamo posti nel cosiddetto Limbo senza potere né visibilità ( ci rimane solo l’isola dei famosi o le scazzottate) ed allora ? Niente! I compagni dello SDI hanno preferito una alleanza politica con i Radicali piuttosto che unirsi ad altri socialisti ed ora che la “rosa nel pugno” è già appassita vorrebbero accogliere nella loro “grande casa senza fondamenta” quei poveri derelitti del N.PSI.
Tante grazie ma di tutta questa generosità non sappiamo cosa farcene! Se volevamo questuare con i post-comunisti avremmo aderito allo Sdi 10 anni or sono o meglio ci saremmo iscritti ai D.S.
E’ sempre e solo una questione di poltrone! Il binomio costruire il partito e le poltrone non si coniuga! O si cerca prima di ricostruire il partito a suon di sacrifici e rinunce o si rincorrono sistematicamente e ad ogni tornata elettorale i “posti” e si finisce nel niente, come è successo con quel simbolo a mezzo con la D.C. di Rotondi che peserà come un macigno sul nostro elettorato per lungo tempo. Personalmente, crederò ancora ad una possibile Unità Socialista ed a tutte le costituenti dell’universo solo e quando i compagni dello SDI avranno il coraggio di abbandonare le loro posizioni ed uscire dal governo di questo sistema bipolare contrario ai valori ed al pensiero socialista per porsi, insieme a noi, alla ricostruzione di un nuovo e vero soggetto socialista riformista. Sino a quel momento che mi auguro possa avvenire velocemente confidando più nella base che nei dirigenti dello SDI, se alleanza dobbiamo fare, questa alleanza non può che essere ed inevitabilmente quella che abbiamo avuto in questi anni.
Non possiamo ritenerci partito se non siamo radicati sul territorio con un progetto politico chiaro da poter spendere e sostenere. Nel 2000 il N.PSI poteva contare un minimo di presenza attiva in circa 20 comuni dei 188 della provincia di Milano, nel 2007 questa presenza è riconducibile forse al numero delle dita di una mano anche grazie alla nuova super dirigenza milanese che si diverte a cazzeggiare in astruse riunioni costituenti od a rincorrere le varie processioni per le vie di Milano invece di preoccuparsi di radicare il partito andando alla ricerca della famosa “bandierina” da piantare nelle varie e molteplici realtà territoriali.

Bruno Rubes
Direzione Nazionale N.PSI (che mi dicono non più esistente )

No all’autodistruzione. Giovanni Alvaro

Non so se per autolesionismo o solo per cecità politica, si continua a parlare della riunione del CN del 31 marzo come di una riunione dominata da una banda minoritaria ma ben addestrata e organizzata di ‘criminali’ impegnata a imporre la propria volontà con la forza. Il messaggio che si è teso a diffondere, gridando fin dal primo momento ‘all’untore’ è stato quello di mistificare ciò che è avvenuto per delegittimare ruoli e status dirigenziale di molti nostri compagni.

L’obiettivo era ed è chiaro: minare un loro eventuale nuovo utilizzo, o tentare di condizionarne le loro scelte politiche, per perpetuare lo status quo dell’attuale gruppo dirigente. Lo si è fatto subito contro Stefano Caldoro, e successivamente (vedi ad esempio l’intervento di Catrambone) contro Mauro Del Bue e Lucio Barani non appena essi hanno espresso senza giri di parole le loro opinioni che non accreditavano la versione adulterata dei fatti e facevano fare piazza pulita delle falsità distribuite a iosa ai mass media che tanto ci amano, e soprattutto chiedevano a chiare lettere il rispetto del deliberato del Consiglio Nazionale.

Perché questa scelta? A che serve distruggere quel poco che questo partito ha? Una parte di dirigenti, infatti, dovrà passare la mano, se non altro, per l’età (la natura in questo sarà inesorabile), ma un’altra parte la si vuole distruggere prima ancora di poterla sperimentare pienamente. Se molti compagni impegnati allo spasimo nell’attuale scontro verbale sul sito si muovono con atteggiamento cortigiano che determina cecità politica, non si comprende il silenzio di chi potrebbe fermare l’autodistruzione ma non lo fa. Siamo forse dinanzi al ‘muore Sansone con tutti i filistei’?

Ma sperando che… domani è un altro giorno…, veniamo ai punti del deliberato votato il 31 marzo, perché comunque bisogna operare per salvare il salvabile. Essi sono, per importanza e nell’ordine:
a) presa d’atto del tesseramento nazionale approvato dalla Commissione per il tesseramento;
b) nomina del tesoriere nella persona dell’on. Barani;
c) convocazione del Congresso Nazionale per definire la linea politica e le necessarie modifiche statutarie;
d) nomina della Commissione per il Congresso;
e) scelta di affidare alla detta Commissione il coordinamento delle comunicazioni congressuali ed infine
f) scioglimento degli organismi statutari che restano però in carica per l’ordinaria amministrazione.

Su questo deliberato del Consiglio Nazionale il voto contrario espresso dalla sala è stato di soli 5 voti (si vede chiaramente nel filmato messo improvvidamente in onda l’on. Del Bue con la mano aperta che indica il numero dei voti contrari). E allora delle due una. O in sala i favorevoli era meno di 5 (ed allora hanno ragione quelli che hanno parlato di minoranza prevaricatrice), o erano la stragrande maggioranza come lo stesso Pizzo ha chiarito chiudendo la votazione. Bisogna ricordare che in sala c’erano oltre duecento compagni che hanno salutato il deliberato come la fine di un incubo, o almeno così speravano.
Questa è la verità. Ciò che è avvenuto dopo si inquadra nell’autodistruzione di cui parlavo prima. E parlo del veleno scaricato addosso ai compagni napoletani additati al resto dei socialisti d’Italia come la peste da cui fuggire. Qualunque persona di buon senso, però, capisce che la ribellione registrata al Consiglio Nazionale ha una sola matrice ed è il rifiuto dell’imposizione di percorsi che, se pur legittimi, debbono prima ricevere il vaglio congressuale.

E qua sorge la domanda sul perché non si voleva fare il Congresso. E per essa c’è una sola risposta: si sapeva che la maggioranza dei militanti del nuovo psi non vuole subire scelte imposte dall’alto, e non intende essere traghettata, senza il suo assenso, verso egemoniche sirene gramsciane. Il Congresso si voleva farlo solo a scelte compiute (questa è la verità), ed è per questo che ‘l’incazzatura’ del 31 marzo ha raggiunto livelli altissimi. I socialisti sono tali anche perché per decreto non li si riesce a portare da nessuna parte. Tra l’altro l’approdo ipotizzato è stato sistematicamente e periodicamente rifiutato dalla maggioranza dei nostri militanti. L’ultima volta al non Congresso dell’autunno 2005.

Per chiudere. Se al Congresso la maggioranza dirà altro e ci chiederà di schierarci con Boselli, D’Alema o il diavolo, col naso turato e la morte nel cuore sapremo fare buon viso a cattivo gioco, accettando la scelta e bevendo l’amaro calice. Ma è solo il Congresso che può deciderlo, e non qualche dirigente pur prestigioso ed autorevole che sia.

Giovanni Alvaro
Ex Direzione Nazionale
Commissario Prov.le di Reggio Calabria

Lettera ai compagni dell’esecutivo. Giuliano Sottani

Gianni De Michelis – Segretario Nazionale del Nuovo PSI
Stefano Caldoro – Coordinatore del Nuovo PSI
Alessandro Battilocchio – Vice Segretario Nazionale Nuovo PSI
Francesco Pizzo – Vice Segretario Nazionale Nuovo PSI
Lucio Barani – Tesoriere Nazionale Nuovo PSI
Mauro Del Bue – Portavoce Nazionale del Nuovo PSI

Carissimi Compagni,
Ho letto tutti i “contributi” di tanti compagni di tutta Italia a seguito della vergognosa riunione del Consiglio Nazionale del Partito di Sabato scorso ed ho letto tante cose buone e tante sciocchezze. Tante accuse reciproche e toni alti che non hanno certamente contribuito a rasserenare gli animi dei compagni nauseati da questa nuova manifestazione di cattivo gusto che ci ha gettato nel discredito più totale nell’opinione pubblica e che vede compagni allontanarsi in silenzio dal Partito.

Ho anche notizie confortanti che avete ripreso a parlarvi e spero vivamente che ritroviate il buon senso e la misura per ritrovare un accordo che ci porti al Congresso su una mozione unitaria partendo dal documento di Del Bue approvato all’unanimità in segreteria con la presenza di tutti i segretari regionali.

Se così non fosse sarebbe meglio che il Congresso non si tenesse perché significherebbe una ulteriore dannosissima scissione.

Siamo rimasti quattro gatti e rischiamo di dividersi ancora.
Cercare di dividersi, come purtroppo sta avvenendo anche in Toscana per quattro delegati al Congresso in più od in meno è un non senso.

Il partito o è unito o non esiste più.
In questi giorni sta prendendo corpo una nuova legge elettorale come quella esistente nelle regioni con uno sbarramento al 3%.

L’unità non solo è necessaria ma indispensabile. Dove possiamo andare se non siamo uniti e se non cerchiamo di unire a noi anche gli altri socialisti della diaspora e gli altri partiti laici ?

Una unica importante raccomandazione: Unità e autonomia
Non possiamo e non vogliamo prendere le distanze dalla Casa della Libertà ed appoggiare il Governo Prodi. Sarebbe un errore gravissimo.

In Toscana stiamo lavorando seriamente in tutti i Comuni dove si vota alla fine di Maggio per le elezioni amministrative. Con nostre liste od insieme ad altri siamo presenti in tutti i comuni dove si vota cercando di portare almeno un eletto in tutti i comuni. Rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo tutti con più serietà e vedrete che finalmente arriveranno anche buoni risultati e soddisfazioni.

Giuliano Sottani
Segretario Regionale Nuovo PSI della Toscana

Tacere all’infinito non è possibile. Antonio Perini

Dopo il finto Consiglio Nazionale di sabato scorso e le lettere girate via posta elettronica negli ultimi giorni, penso sia impossibile continuare nella linea del silenzio che mi ero imposto.

Infatti, se quanto accaduto dimostra come poco servano al Paese i Socialisti è diventata sempre più evidente l’inadeguatezza del gruppo dirigente nazionale del partito a guardare alla Politica rispetto a logiche che assomigliano sempre più ad un ufficio di collocamento per pochi intimi.

Spedale ha ragione a ricordare quante scissioni e quante risse abbiamo subito negli anni, del resto entrambi siamo in questo partito dall’appello e abbiamo vissuto fianco a fianco e dalla stessa parte le distruzioni e le ricostruzioni, ma dovremmo però essere, tutti, un po’ meno faziosi e più attenti a dare versioni corrette dei fatti.

Se così fosse, dovremmo sostenere senza dubbi che se Gianni Demichelis si è dimostrato quanto meno poco attento all’aspetto organizzativo è stato disastroso nella scelta degli uomini, infatti, chi ha abbandonato il partito o ha trasformato la dialettica in rissa è sempre stato chi ha ottenuto spazi e ruoli, dobbiamo infatti ricordare che nel 2000 Cicchitto e Boniver se andarono per una candidatura in FI, nel 2001 Ciotti-Spano-Delfino si schierarono con Martelli, che non era stato candidato alle politiche, solo perché non furono nominati sottosegretari essendogli stato preferito Caldoro, poi arrivo il tempo di Craxi-Crinò-Milioto tutti deputati e Zavattieri Assessore regionale, Robilotta Assessore e poi ancora Consigliere regionale miracolato, per arrivare ai giorni nostri con Moroni e Ricevuto che hanno utilizzato il diritto di tribuna per rinforzare le fila di FI, infine, oggi abbiamo a capo della cordata anti segretario nazionale chi ha partecipato al governo del Paese per il partito.

In tutto questo l’unico elemento positivo, e qui credo sia difficile sostenere le tesi di Spedale ed altri, l’unica figura che ha mantenuto la rotta e dopo i disastri ha ricominciato, pur con i limiti sopra evidenziati, è stato sempre e comunque Gianni De Michelis e per questo motivo non si può che riconoscergli coerenza e credibilità.

Detto questo con l’intento di fare chiarezza sul passato, per quanto riguarda sabato non si può che affermare che è stato un Consiglio Nazionale illegittimo, e che la delibera finale non è VALIDA in quanto:

1. Come affermato anche da Massimo Grimaldi, non si è verificato il numero dei componenti del Consiglio aventi diritto al voto ed i votanti non sono stati registrati

2. Nessuno ha mai votato il Bilancio non avendo mai ne sentito ne avuto modo di verificare nemmeno una relazione sul bilancio e sullo stato finanziario del partito che, avendo lanciato nell’ultima direzione la sottoscrizione, sarebbe stata quanto meno doverosa. Va ricordato che, se non vado errato, Lucio Barani è anche Presidente del consiglio di amministrazione di LAB che dovrebbe essere o è già, questo non è dato sapersi, l’unica opportunità di finanziamento pubblico al partito.

3. Perché non vi è stato dibattito sui punti all’ordine del giorno ma solo un documento concordato dall’esecutivo e votato da chi era presente e molti segretari regionali erano in riunione in un’altra sala.

Dovrebbero poi spiegarci, alcuni autorevoli membri dell’esecutivo, PERCHE’ tutto ad un tratto il rischio di annullamento delle liste del nuovo PSI è scemato, ERA UN FALSO PROBLEMA e l’obiettivo era la sostituzione del segretario nazionale o qualcuno ha SVENDUTO LE RAGIONEVOLI PREOCCUPAZIONI DEI COMPAGNI CALABRESI, SULL’ALTARE DELLA CUCINA POLITICA?

Collice, Alvaro, Ferrarini e i tanti bravi dirigenti Calabresi del partito hanno sempre chiesto con forza una risposta al problema della causa sul simbolo che li preoccupava per non veder annullato il duro lavoro che stanno facendo nella presentazione delle liste ma, chi ha affermato con forza per settimane che l’unica soluzione era il congresso ad aprile, per quale motivo poi ha fissato il 22-23 giugno?

Del resto se riflettiamo attentamente sui fatti le divisioni che hanno portato al consiglio nazionale farsa, non potevano essere imputate a differenze sulla linea politica, visto che il documento cosiddetto DEL BUE che doveva essere presentato era stato votato all’unanimità dalla segreteria nazionale; non possono essere stati a questo punto motivi temporali visto che la data del congresso nazionale concordata va oltre le elezioni amministrative, ed ALLORA SU QUALE TEMA SIAMO ARRIVATI ALLA ROTTURA E QUALE ACCORDO E’ STATO FATTO PER CHIUDERE IL CONSIGLIO NAZIONALE???????

Queste sono le risposte che vorrei leggere sul sito, queste le email che il gruppo dirigente dovrebbe inviare, perché tutto il resto è la farsa di chi crede che la voce grossa e la rissa sia più forte delle idee e dei numeri, se siamo dirigenti dimostriamolo ripristiniamo le regole e riapriamo la dialettica anche aspra che non può che concludersi con un voto riconosciuto e legittimo perdendo anche dei pezzi ma con la convinzione che ci giochiamo il futuro per l’ultima volta.

In conclusione voglio però esprimere tutto il mio disappunto per il comportamento dell’ex coordinatore nazionale (gli organi leggo siano tutti sciolti) , che anche se non ne condividevo la linea politica di sudditanza Berlusconiana, che in particolare in Lombardia ha mietuto anni di disastri, consideravo un dirigente serio e responsabile. Non è accettabile quanto è successo sabato ma è peggio ancora quanto è successo nel periodo di avvicinamento al CN, come fare un doppio congresso a Brindisi, Organizzare conferenza stampa contro il segretario regionale della liguria, votare documenti all’unanimità il giorno prima e poi continuare in una politica di differenziazione dai deliberati il giorno seguente; sono questi atteggiamenti irresponsabili che vanno combattuti non la dialettica politica e le regole

Antonio Perini
della sciolta Segreteria Nazionale

Gennaro Salvatore: Era doveroso che il Segretario facesse la sua relazione, ma al 4° punto all’o.d.g.

Gennaro Salvatore: Era doveroso che il Segretario facesse la sua relazione, ma al 4°punto all’o.d.g. come Lui Stesso, non io, aveva deciso

Sento l’esigenza di un ultimo e, per quanto mi riguarda definitivo, chiarimento in merito ai lavori del CN, cogliendo l’occasione di rispondere a Gilleri, di cui ricambio i fraterni saluti.
Diversi interventi pubblicati sul sito continuano a non inquadrare il vero problema. Alcuni vogliono accreditare la bizzarra tesi che si sia “impedito al Segretario Nazionale di intervenire per la relazione introduttiva”. L’ ODG – e vi invito a rileggerlo con attenzione- del CN è stato attentamente, e mi risulta concordemente, studiato per garantire la piena e formale legittimazione alla nostra assemblea, per definire i numeri reali degli iscritti a seguito del tesseramento e per prendere atto delle fuoriuscite dei vecchi membri del CN. Ecco perché la relazione introduttiva era stata inserita al punto 4 dell’ODG a firma dello stesso Segretario Nazionale.
Quale è allora il problema ?
Anticipando la relazione all’inizio della seduta De Michelis avrebbe, di fatto, parlato ad un’assemblea non formalmente costituita, cosi come Pirrotta nel presentare il nuovo SITO.
Che interesse abbiamo noi a delegittimare il nostro CN?
Quando sono stato chiamato in causa, in una presidenza irrituale ed atipica, ho sentito il dovere di richiamare il Consiglio al rispetto della legalità statutaria e al corretto funzionamento dell’organo( i video sono a testimonianza ). Solo cosi abbiamo evitato altri possibili errori formali che tanti problemi ci hanno causato, dal Congresso non Congresso in poi, per non avere attentamente seguito gli adempimenti statutari. Quindi nessuno ha impedito al Segretario la sua relazione, anche perché dallo stesso era prevista solo dopo, ma i più erano “determinati” a fargliela svolgere nella piena legittimità secondo l’ODG stabilito.
Ma adesso basta, è giusto che si ritorni a parlare di politica e rispetto alla Costituente , serve a poco ripetere le mie perplessità, sono convinto che nelle prossime settimane emergeranno in maniera così prepotente che altri compagni, oggi convinti del fascino di questa ingannevole emozione, spiegheranno a me e a quanti la pensano come me, che è stato opportuno essere prudenti.

Gennaro Salvatore
Segretario Regionale Campania