PONTE: ORA LA SFIDA PER UN’AREA D’ECCELLENZA

Si fa un gran parlare del Ponte sullo Stretto di Messina. Sia all’interno dell’Area dello Stretto sia oltre, vuoi per il rilievo dell’opera, vuoi per il suo costo imponente di circa 6.4 miliardi di euro, vuoi per la portata “sofisticata” che la costruzione comporterà. Se l’idea progettuale risale a decenni fa, solo adesso il suo iter sembra aver imboccato la strada giusta e ci vorranno forse sette anni prima di poterlo ammirare nel 2017, anno della sua entrata in funzione.

Sarà per questo che il confronto delle posizioni ha raggiunto livelli incredibili che si sostanziano, malgrado tonalità intermedie, tra un sì ragionato e il no incondizionato, espresso dai paladini del non fare. E dato che il parlare è uno degli sport più diffusi nel Paese, di certo, nel corso dei prossimi mesi ed anni, si assisterà ad un crescendo rossiniano con grida di dolore prive d’originalità, e totalmente sganciate dalle opportunità che il Ponte potrà garantire in termini di crescita economica e di nuova capacità d’impresa.

C’è, quindi, il rischio che si continuerà a banalizzare sul costo complessivo dell’opera, volgarizzare il rapporto tra pedaggio e costo totale dell’investimento, polemizzare sulle discariche, disegnare scenari catastrofici sulle tonnellate di cemento e di acciaio necessarie alla realizzazione, teorizzare anche sul costo del singolo bullone, criminalizzare il Ponte per ogni minimo problema che potrà presentarsi. Un modo di agire che sta già mostrando tutti i suoi lati negativi nascondendo la più totale incapacità alla lungimiranza e l’assenza di una visione d’insieme per lo sviluppo. Semplicemente, forse, per non metterci alla prova.

Con questo non si vuole affermare che la costruzione del Ponte non possa presentare aspetti che meritano attenzione e cautela, ma questi vanno lasciati agli addetti ai lavori, e non alle sterili discussioni e dibattiti che appassionano gli improvvisati ingegneri, architetti e tecnici vari. Se le discariche devono essere limitate e circoscritte, per ridurre l’impatto ambientale, queste dovranno essere ‘lasciate’ alla sapienza degli ingegneri e dei geologi delle due regioni interessate alla costruzione. Se è necessario, come è necessario, contrastare le possibili infiltrazioni mafiose, vanno stimolate le istituzioni pubbliche che sembrano, comunque, avervi già posto mano col protocollo d’intesa dei giorni scorsi. Se vi sarà l’aumento del costo dell’acciaio esso sarà un problema per i tecnici della società contraente, e non lo si faccia diventare elemento di leggeri ragionamenti economici.

La realizzazione a regola d’arte dell’opera coniugata con la necessità che il costo non lieviti neanche di un euro oltre la somma preventivata – malcostume diffuso nel caso dei lavori pubblici in Italia – lasciamola ad imparziali e diligenti controllori. E il check-up qualitativo del cemento e dell’acciaio, affinché l’opera non subisca danni alle piogge di fine agosto o alle prime scosse di terremoto, facciamolo fare ai genuini addetti ai lavori.

La buona politica, non quella volta agli interessi di bottega o quella costruita su vuoti discorsi dei sobillatori del non fare, dovrebbe preparare l’appuntamento del 2017 con una visione seria dello sviluppo in un’ottica italiana e mediterranea. Il Ponte sarà il nostro “Cavallo di Troia“, in quanto implica una sfida con noi stessi! Se il Ponte avrà la campata unica più lunga al mondo grazie alla tecnologia più avanzata, se il Ponte ci garantirà un palcoscenico di visibilità unica e rara, se il Ponte sarà, oggettivamente, una ‘meraviglia’ che attirerà masse di visitatori, perché non ci prepariamo all’evento con tutte le carte in regola?

Continuando a spendere fiumi di inchiostro si rischia di rimanere fermi al palo, e di arrivare al 2017 certamente con un solenne risultato ingegneristico di livello mondiale, ma realizzato in un debole contesto culturale e sociale. Di sicuro non ci sarà il deserto attorno al Ponte, come alcuni maestri del cattivo pensiero tentano di far credere, ma certamente non primeggeremo in niente. I tanti segmenti della nostra società, della cultura, del mondo imprenditoriale e quant’altro dovrebbero raccogliere la sfida – a prescindere dal sì o dal no al Ponte – immaginando lo scenario del 2017 per una forte Area dello Stretto, capace di reggere la competizione all’interno del Mediterraneo e diventare vero polo di attrazione.

Pochi esempi sono illuminanti. Una nuova filosofia dello sviluppo urbano che collochi le nostre città tra le più vivibili e verdi al mondo. Un moderno sistema di servizi delle pubbliche amministrazioni, locali e regionali, per dotare il territorio di un efficiente braccio operativo. E perché non darci un piano ambizioso per la cultura universitaria dell’Area dello Stretto del 2017, volto a costruire una realtà universitaria a livello mondiale? Un’unica Università dello Stretto o federando le tre oggi in attività (Messina, Mediterranea e per Stranieri) con l’obiettivo di collocarsi tra le prime 200 al mondo. E poi centri di ricerca davvero di eccellenza secondo i criteri internazionali. L’aspetto decisivo in un nuovo modo di operare, comunque, sta nel confrontarsi con una realtà che necessita di obiettivi precisi senza i quali si continuerebbe a mancare la meta, a confondere gli strumenti con gli obiettivi, e, soprattutto, a nascondere responsabilità ed incapacità. Serve una classe politica ed amministrativa capace di implementare pochi e ambiziosi propositi, con un nuovo modo di fare ‘sistema’. Governi regionali capaci d’utilizzare le tante risorse europee sino ad oggi spese goffamente, e un Governo nazionale che sappia aiutare questa nuova stagione dell’eccellenza e le aspirazioni delle aree interessate.

Al contrario, invece, si continua a discutere solo e soltanto di tematiche estranee alla scadenza del 2017 e si persevera nell’errore di polemizzare su cose che ci sospingono indietro nel tempo. Forse non si ha il coraggio di vedere il Ponte calato in un’altra realtà, e si preferisce mantenerla identica ad oggi. Sarebbe, però, un gravissimo errore che ci allontanerebbe anni luce da processi di sviluppo che debbono, invece, accompagnare la costruzione dell’opera.

Non è difficile fare, fino in fondo, la nostra parte e prepararci alla scadenza del 2017. Bisogna, però, agire subito per avere il tempo di elaborare piani d’insieme per il prossimo quinquennio. Non servono nuovi o enormi investimenti come alcuni potrebbero credere, ma soltanto ripensare la strategia della mano pubblica con le giuste idee. Programmi semplici ma ambiziosi, che siano di dominio pubblico, con obiettivi intermedi e finali da valutare, scadenze da rispettare, centri di responsabilità da osservare. Coniugando idee, piani, rigore scientifico e sforzo realizzativo.

Se non si è in grado di raccogliere questa sfida, programmando il tempo che ci separa dal 2017, dando il meglio di noi stessi all’interno delle nostre aree di competenza, se non si è in grado di ragionare e formulare sin da subito percorsi veramente virtuosi da tradurre in realtà esaltanti, allora gli amministratori farebbero bene a fare un passo indietro, anzi forse due.

Bruno SERGI*
Giovanni ALVARO**

* Università di Messina
** Direzione nazionale Nuovo PSI

Reggio Calabria 19.3.2010

Dal sito della Costituente

Lettera ai socialisti dopo Chianciano. Mauro Del Bue

Cari compagni,

inutile negarlo. Siamo finiti sotto il diluvio del 13-14 aprile. Poteva andare diversamente? Io penso di sì, ma avremmo dovuto impostare in modo diverso la nostra Costituente. Al congresso del partito che mi ha eletto segretario (l’ex Nuovo Psi), nel luglio del 2007, proposi una Costituente liberalsocialista e non semplicemente socialista. Pensavo che sarebbe stato utile non disperdere il patrimonio della Rosa nel pugno, inteso come punto di incontro di socialisti, radicali laici e liberali, alla quale, nella Primavera del 2006, avevamo scelto di non aderire semplicemente perché collocata nell’Unione, ma che avevamo ugualmente salutato come esito naturale ed opportuno di tradizioni legate da tante battaglie comuni. Tanto che nel 2006 proponemmo che fosse Emma Bonino a guidare un polo laico che si contrapponesse sia a Berlusconi sia a Prodi. Dopo la fine dell’Unione, proposi ai compagni della Costituente di costruire un’alleanza coi compagni radicali, per sottoporre a Veltroni un nuovo soggetto apparentato. Mi è stato risposto negativamente e dopo il mancato apparentamento avanzai l’idea, e non fui io solo a farlo, che fosse Emma Bonino a guidare una lista comune di socialisti e radicali. La proposta è stata bocciata e qualcuno ha aggiunto testualmente che era un errore “boninizzare” la nostra lista. Oggi ci ritroviamo sommersi dal diluvio con un risultato elettorale che è il più umiliante della storia, anche recente, dei socialisti. Mai, nessuna frazione del vecchio Psi ha ottenuto meno dell’1% in nessuna competizione elettorale dal 1994 ad oggi. E questo dovrebbe spingere tutti a cercare le motivazioni di questo infausto risultato e dovrebbe indurre tutti a tentare di individuare una prospettiva. Perché ci sia un approdo, dopo il diluvio, perché rinasca una speranza di futuro. Ci si dovrebbe preoccupare, più che del nome del nuovo segretario, di cercare una via di uscita dal fondo del mare in cui siamo stati cacciati. Non abbiamo bisogno di bombole ad ossigeno che hanno tutte un tempo limitato. Dobbiamo riemergere e tentare un approdo. Per questo ho accettato la proposta di Marco Pannella di iniziare insieme una riflessione e poi di definire un percorso per dare vita ad una tendenza liberalsocialista in Italia. Questa tendenza oggi vive in tante direzioni: ci sono i radicali, i socialisti del Ps, i socialisti presenti anche nell’Arcobaleno, laici, liberali e socialisti sia nel Pd, sia nel Popolo delle libertà, ove abbondano in Parlamento esponenti che provengono dal vecchio Psi. Non dobbiamo averne paura. Dobbiamo sfidarli, vigilando sulla loro coerenza. Dobbiamo lanciare la sfida laica, liberale, riformista, cui dovranno rispondere coi loro atteggiamenti politico-parlamentari quotidiani. La sfida sulle liberalizzazioni e sui diritti civili, la sfida sulle grandi questioni dell’ambiente, oggi senza interpreti parlamentari tradizionali, quella sulla giustizia giusta e anche sulla moralità della politica, che non si misura solo col suo costo, ma anche sulla coerenza degli atteggiamenti (quello di Di Pietro che prima sottoscrive accordi col Pd e poi li disattende in modo così clamoroso è davvero eclatante). Penso che i socialisti che non intendono nè consegnarsi al Pd né arrendersi all’ineluttabilità del loro declino e della loro estinzione, e non pensano che una tattica di sopravvivenza all’interno di un contenitore senza voti possa essere la ricetta, debbano sentirsi coinvolti in questo inizio d’una marcia che non credo abbia solide alternative. Lo abbiamo detto in conclusione del Convegno di Chianciano, parafrasando un famoso slogan del Maggio francese: “Ce n’est qu’un debout, continuons le combat” . I socialisti hanno ancora voglia di combattere. Sono stanchi di essere umiliati. E hanno voglia di speranza e di futuro. Da Chianciano, dalla possibilità di mettere insieme socialisti, radicali, laici e liberali, dalle disponibilità emerse in più direzioni, dal gruppo parlamentare di radicali che c’è e che può fungere da aggancio istituzionale assai utile (i radicali non hanno aderito né al Pd né genericamente al gruppo parlamentare del Pd, ma hanno composto una loro delegazione autonoma nel gruppo democratico, come del resto era negli accordi) è stato deposto un primo tassello. Credo valga davvero la pena di continuare. Lo so che quanti hanno vissuto, prima con passione poi con delusione la vita della Rosa nel pugno, questa prospettiva possa anche non essere salutata con entusiasmo. Ma mi chiedo, caro compagni, c’è qualcuno che ha qualcosa di meglio da proporre, oggi?

Fraterni saluti Mauro Del Bue

ELEZIONI: CALDORO, RADICALI COME CGIL CISL UIL =

(ASCA) – Roma, 21 feb – ‘La trattativa intercorsa tra Pd e Radicali ha ricordato le lunghe trattative sindacali per la firma dei contratti, fatte di un passo avanti e uno indietro e di lunghe notti di mediazioni’. Questo il commento del segretario nazionale del nuovo psi Stefano Caldoro in merito all’ingresso dei Radicali nel Partito di Veltroni. ‘I Radicali di Pannella e Bonino – a parere di Caldoro – meriterebbero di essere al fianco dei confederali, da loro tanto vituperati. Per come hanno difeso le proprie truppe e la loro casa, hanno fatto meglio di Cgil, Cisl e Uil’.

CRAXI: DEL BUE, FASSINO E BERLUSCONI NON ARROSSISCONO? =

CRAXI: DEL BUE, FASSINO E BERLUSCONI NON ARROSSISCONO? =
(AGI) – Roma, 23 apr – “Lo vogliono mettere nei loro Pantheon.
Parlo di Fassino e di berlusconi che dicono di ispirarsi anche a Craxi. Bel Paese l’Italia dove si passa dalla criminalizzazione alla santificazione senza neanche arrossire.
Vale per Fassino e i diessini che non avvertirono neanche il bisogno di chiamare Craxi a curarsi in patria, ma vale anche per berlusconi che chiamava “la vecchia partitocrazia” quel sistema nel quale il Psi di Craxi la faceva da padrone. E non rinnegava “l’amicizia personale”, come dire “la politica e’ altra cosa”. Quanta ipocrisia. E quanta confusione”. Lo afferma il deputato del nuovo psi Mauro Del Bue.
“Diamo una sbirciatina agli ospiti dei due Pantheon – prosegue Del Bue – e prendiamo atto che il Limbo abolito recentemente dal Vaticano non esiste piu’ neanche per il povero Craxi. Nel Pantheon del futuro partito democratico da parte diessina non si rinuncia a Berlinguer, stratega del compromesso storico e della terza via tra comunismo e socialdemocrazia, e neppure a Gramsci che osteggiava i riformisti e quelli emiliani come Prampolini in particolare, perche’ controrivoluzionari, e “moralmente ripugnanti” con le loro cooperative che “toglievano il pane di bocca ai sudici contadini del Sud”. C’e’ naturalmente Gandhi e anche Martin Luther King, profeti di non violenza, ma anche coloro come Togliatti, che continua a resistere nelle preferenze dei delegati, che dichiararono la pena di morte per il partito comunista polacco. Puo’ certo sorprendere che Togliatti sia addirittura superato nelle preferenze da De Gasperi, ma stupisce alquanto che i socialisti (Turati, Saragat, Nenni) vengano sostanzialmente ignorati e Craxi usato da Fassino a giorni alterni per chiamare a raccolta nel futuro Pd anche i recalcitranti che vagheggiano costituenti socialiste, ma tuttora osteggiato dalla stragrande parte dei delegati diessini. Nella Margherita c’e’ ovviamente l’altra faccia della medaglia: da Don Sturzo, fondatore del Partito popolare, a Zaccagnini e Moro, che guidarono la Dc, passando, e’ ovvio, per De Gasperi, che dell’alternativa ai comunisti di Togliatti fece il perno della sua politica”.(AGI) Red/Mal (Segue) 231415 APR 07

AGI) – Roma, 23 apr – Del Bue prosegue: “Che dire del Pantheon berlusconiano? Craxi, De Gasperi, che pare cosi’ oggi il piu’ gettonato, e tre papi (Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI). Un Pantheon a maggioranza cattolica. Piu’ Craxi per non farsi scappare i socialisti. I socialisti, che cosi’ sono nei Pantheon, ma non hanno una casa loro e soltanto piccole scialuppe e salvagenti. Paradossale. Conseguentemente non puo’ che prendere forma un percorso per riaffermare tra tanti coacervi di identita’, che vengono corroborati dalla presunta fine della loro storia e dall’altrettanto indimostrata “necessita’ storica” di accorparle e di superarle, una identita’ ancora ovunque viva e vitale. Pare che dalle tradizioni comunista e democristiana (i padri fondatori del Partito democratico sarebbero quasi tutti i vecchi comunisti e democristiani con varie ed eventuali) nascano i prodromi del loro superamento e dell’inveramento del nuovo partito in nome di una indimostrata necessita’ storica del nuovo soggetto. La vecchia anomalia, il Pci piu’ forte del Psi, produce cosi’ una anomalia nuova, che l’Europa non conosce, come non conosceva quell’eurocomunismo che Berlinguer esaltava per utilita’ di partito. E in fondo questa nuova anomalia e’ proprio frutto di quella vecchia. Come allora anche oggi si invita non gia’ l’Italia a divenire piu’ europea, ma l’Europa a divenire piu’ italiana. E se il vecchio Pci in fondo si dichiarava simile alla socialdemocrazia europea, anche se ricercava terze vie, cosi’ oggi il partito democratico sarebbe non nel Pse ma col Pse, come ha precisato Rutelli. Il tutto per non fare come in Europa, cioe’ una moderna socialdemocrazia italiana, per non dar ragione a Saragat, a Nenni e a Craxi, per consentire agli ex comunisti di resuscitare i loro morti e cosi’ agli ex democristiani. Un passato si legittima solo se non si accetta quello di un altro. La teoria del nuovo soggetto politico legittima tutte le storie e tradizioni che anzi possono perfino essere esaltate nel momento di una loro palingenetica trasformazione. Cio’ che e’ vecchio, cosi’, non e’ da criticare e’ solo da superare. Anziche’ cercare collocazione nei Pantheon i socialisti dovrebbero cosi’ cercare una loro autonoma casa.
Dovrebbero avviare un percorso tra i piccoli partiti, movimenti e correnti politiche, anche non di diretta emanazione del vecchio Psi, per tentare di costruire un partito. Ma dovrebbero farlo sapendo che solo il modello elettorale tedesco consente di fare emergere le identita’ singole senza soffocarle nelle coalizioni. Con un certo disappunto ho preso atto che un dirigente coraggioso come Mussi che pensavo facesse dell’identita’ socialista la ragione della mancata adesione al Partito democratico se n’e’ andato citando Berlinguer e parlando di una sinistra unita da Rifondazione allo Sdi.
Vedremo. Intanto non si puo’ non riconoscere, e su questo Fassino ha ragione, che il progetto del partito democratico non influenzi i cambiamenti del sistema politico italiano. Questo e’ certamente un merito e non e’ un merito di poco conto”.(AGI) Red/Mal 231415 APR 07

PD: MORONI (FI), AL VIA OPERAZIONE DS DI DISTRUZIONE DEL SOCIALISMO =

PD: MORONI (FI), AL VIA OPERAZIONE DS DI DISTRUZIONE DEL SOCIALISMO =
(ASCA) – Roma, 20 apr – ‘I democratici di sinistra perdono una storica occasione e rischiano di rinunciare, definitivamente, a percorrere la strada del socialismo riformista’. Cosi Chiara moroni di Forza Italia, dagli Stati Uniti, commenta le scelte dei congressi dei ds e della margherita.
‘All’inizio degli anni novanta i post comunisti – ricorda – cavalcarono le procure e contribuirono alla distruzione del partito socialista italiano ed alla mortificazione di una storia fatta di grandi battaglie civili, sociali ed economiche. La loro operazione di distruzione del socialismo si concretizza in questi giorni perche’ incapaci di fare, nei fatti, i conti con la loro storia e di scegliere in maniera chiara la adesione alla famiglia del socialismo europeo’.
‘La loro scelta – sottolinea – di riproporre una remake del compromesso storico e’ inconciliabile con la scelta riformista ed ha la colpa di lasciare alla sinistra piu’ conservatrice il dibattito sulla questione socialista’.
‘Con questi scenari sara’ sempre piu’ difficile – conclude moroni – vedere in Italia una forza socialdemocratica moderna come avviene in tutti i Paesi della Unione Europea’.

Le condizioni per l’unità dei socialisti. di Mauro Del Bue e Lucio Barani (deputati del Nuovo Psi)

Il tema dell’unità dei socialisti, e della conseguente creazione di un soggetto politico diretto erede dell’esperienza del Psi, è nella natura del nostro partito. Il Nuovo Psi nasce infatti a Milano nel gennaio del 2001, a un anno esatto dalla morte in solitudine, e lontano dal suo Paese, di Bettino Craxi, che di quell’esperienza è stato leader negli ultimi vent’anni, col proposito, esplicitato nel nome, di rappresentare direttamente quella speranza di rinascita. Da allora ad oggi molte cose sono cambiate. Alla ormai piena rivalutazione politica di Bettino Craxi, che qualcuno vuole addirittura inserire in un Pantheon, passando così da una criminalizzazione a una santificazione senza scrupoli, si assiste oggi ad una riproposizione della questione socialista, che viene avanzata non solo dai partiti eredi direttamente del vecchio Psi, ma anche da chi proviene da altre storie e ha fatto della identità socialista una questione dirimente nel processo di avanzamento verso il partito democratico. Due obiettivi sono ormai raggiunti nel nostro percorso politico iniziato a Milano: la lettura del socialismo degli anni ottanta, ieri ingiustamente criminalizzata e oggi al vaglio, assieme alla figura di Craxi, di una generale, anche se giustamente non acritica, rivalutazione, e la rinascita di una identità socialista che pareva definitivamente seppellita nei tribunali durante il biennio giudiziario. Resta il tema del partito politico. Né il Nuovo Psi, né lo Sdi, gli unici due partiti che hanno voluto assumere una esplicita identità socialista, sono riusciti a pervenire ad una dimensione minima soddisfacente, procedendo spesso contrapposti, attraverso alleanze anomale e anche dando vita a liste elettorali senza identità. La questione dell’unità dei socialisti, nella versione più larga, intesa cioè come unità tra coloro che provengono dall’esperienza del Psi e coloro che pur provenendo da altre esperienze sono oggi attestati sulla trincea socialista, ha trovato nel recente congresso di Fiuggi dello Sdi un momento di produttivo confronto politico. Noi crediamo che a tale confronto e al conseguente processo costituente che ne deriverà il Nuovo Psi debba partecipare con le proprie idee, a schiena dritta e senza alcun atteggiamento di subalternità o di liquidazione preventiva, come in qualche organo di stampa è apparso dal resoconto di dichiarazioni che hanno determinato preoccupazione e anche sconcerto tra i nostri militanti. Il Nuovo Psi è una piccola comunità politica, costituita da militanti e dirigenti volontari e orgogliosi di sentimenti di autonomia e di indipendenza politica, rappresentato da due parlamentari italiani e due parlamentai europei, oltre a qualche consigliere e assessore regionale, comunale e provinciale. Una piccola comunità orgogliosa della propria autonomia che ha scelto un’alleanza elettorale con la Casa delle libertà, proprio perchè la sinistra italiana era a-socialista, venata da cattocomunismo e da spirito giustizialista, ma che nell’immediato post-elezioni ha deciso di uscire dalla Casa delle libertà, precedendo l’analoga decisone dell’Udc di Pieferdinando Casini e che ha ribadito nel contempo la propria collocazione di partito di minoranza parlamentare, nell’ambito di un gruppo parlamentare autonomo, assieme alla Dc di Rotondi, che sussiste tuttora nonostante manchi una coincidenza di strategia politica, dopo la negativa esperienza elettorale. Dunque tra il Nuovo Psi e le altre forze della futura costituente socialista esiste una differenza di collocazione politica. Crediamo che sia giusto evitare di negare la realtà, così come riteniamo che non sia impossibile modificarla. Lo abbiamo sostenuto, lo ribadiamo anche in questo momento. A fronte di un altro governo siamo pronti ad assumere un’altra collocazione parlamentare, a fine legislatura non escludiamo di poter collocarci diversamente. Il segretario del partito ha spesso subordinato la riaggregazione socialista al cambiamento del quadro politico, sostenendo giustamente la necessità di un governo di larghe intese parlamentari, a partire da un risultato elettorale che aveva sancito un sostanziale pareggio tra le due coalizioni. Il problema è che tale governo di ampie intese è tutt’altro che all’orizzonte, e lo stesso Berlusconi dà l’impressione di non voler creare condizioni di crisi al governo Prodi, proprio mentre si accinge a divenire un protagonista di una alleanza con autorevoli esponenti vicini tradizionalmente alla sinistra per la più colossale operazione economico-finanziaria del nostro tempo. Il bipolarismo politico determina un compromesso storico economico-finanziario tra i due veri leader dei due poli. E con questo assume il suo definitivo connotato di bipolarismo “bastardo”. E allora che la futura costituente si occupi innanzitutto di questo, della crisi di un bipolarismo che è bastardo e sta divenendo anche subdolo.
Dunque dobbiamo chiedere ai nostri interlocutori che la scelta del nuovo partito sia dichiaratamente anti bipolare e che la nostra preferenza venga attribuita al modello elettorale tedesco, l’unico che consenta la presentazione di liste di partito, senza racchiuderle in coalizioni che diventano costrizioni e che sono dannose per la governabilità del Paese. La preferenza esplicitata a Fiuggi da Boselli per un modello elettorale simile a quello delle regionali, comporta invece l’accettazione del bipolarismo in cambio di un basso sbarramento elettorale. Se la costituente socialista vuole avere successo deve puntare a un modello che consenta l’esaltazione delle singole identità e la scelta che più volte Lanfranco Turci, come Cesare Salvi, hanno presentato come la migliore, non dipende certo da quella presunta difficoltà a scegliere uno dei due poli che potrebbe esserci invece addebitata. Il problema è scegliere un modello ideale per la rinascita delle identità politiche e nel contempo non porre la questione socialista sotto lo sbarramento elettorale, dando così netta l’impressione di volere fare solo uno Sdi un pò più forte, come sostengono di volere evitare all’unisono Turci e Caldarola. Un’operazione di questo tipo può e deve invece avere successo se darà l’impressione di procedere attraverso un profondo cambiamento del sistema politico italiano, dove alle collocazioni subentrino le domande di identità. Certo il modello elettorale non dipenderà che in misura minima da noi, ma noi dobbiamo propugnare un modello coerente con i nostri obiettivi politici e chiamare su questo a raccolta tutti coloro che avvertono la necessità di questo rinnovamento di sistema. Noi abbiamo poi un ruolo particolare in un futura costituente al quale non possiamo e non dobbiamo abdicare. Ed è quello che riteniamo assolutamente strategico, di rappresentare le istanze di quella cospicua parte di elettorato socialista che ancora non è schierato con questa sinistra ed ha votato per la Casa delle libertà. Questo elettorato va interpretato politicamente e anche dal punto di vista programmatico. Politicamente attraverso un modello capace di resuscitare l’amore per le identità storico-politiche, dal punto di vista programmatico attraverso una grande operazione di elaborazione e di confronto che dovrebbe svilupparsi in una sorta di Rimini 3. Poiché il richiamo al socialismo è minimo comun denominatore che mette insieme movimenti e correnti politiche, occorre uno sforzo congiunto di convergenza sulle cose da fare. Non basta il sacrosanto rilancio di una politica della laicità, in nome delle migliori tradizioni del socialismo liberale e delle grandi lotte di civiltà compiute nel nome di Loris Fortuna negli anni settanta e ottanta. Certo la laicità dovrà essere un settore decisivo dell’impianto programmatico del nuovo auspicato partito. E da questo punto di vista non può essere ritenuta marginale l’adesione dei radicali alla futura costituente. I radicali rappresentano una parte specifica, distintiva e rilevante della storia del socialismo liberale, da Ernesto Rossi, a Fortuna a Pannella. Non c’è battaglia sui temi dei diritti civili che non porti la firma congiunta di un radicale e di un socialista e la stessa esperienza della Rosa nel pugno noi non abbiamo mai contestato per la sua valenza ideale, ma semmai per la sua collocazione politica. Restano i temi della politica estera e della politica economica sui quali più complicato appare l’approccio con le componenti che provengono da altre storie politiche. Ma anche con costoro è giusto sviluppare un confronto sulle cose e senza pretendere alcuna abiura politica, pensando al futuro di un socialismo europeo e italiano moderno e rinnovato. Nessuno vuole la riedizione del passato, nessuno può pretendere che rinasca il vecchio Psi. L’Europa e il mondo cambiano a velocità impressionante e i grandi temi del cambiamento climatico e delle energie alternative sono oggi prioritari in qualsiasi programma di cambiamento, rappresentando due emergenze planetarie non rinviabili.
Il percorso dunque che suggeriamo è il seguente.
1) Evitare la unificazione in due tempi, prima quella degli ex Psi e poi quella degli altri. Non esiste un prima e un dopo. Esiste un confronto con tutti per trovare alla fine l’accordo con chi ci sta. Dunque nasca un tavolo di confronto con tutti coloro che sono interessati alla ripresa o all’affermazione dell’identità socialista e sulla prospettiva di creare in Italia un nuovo partito socialista.
2) Portare al confronto la nostra idea, nostra come Nuovo Psi, di autonomia e di identità, consentita da un modello elettorale come quello tedesco, e costruire sui questo una più ampia aggregazione
3) Promuovere una conferenza programmatica per definire i tratti essenziali di un socialismo del 2000, per darne una versione aggiornata, per un nuovo intreccio tra giustizia e libertà, tra pubblico e privato, tra liberalizzazioni e garanzie, per riformare lo Stato sociale, per fuoriuscire dal “caso italiano” sui temi delle libertà e della tutela dei diritti e rendere l’Italia un vero Paese europeo.
4) Prevedere un prima fase federativa, per poi fondare il nuovo contenitore da presentare alla prima prova elettorale, quella europea del 2009. Un lavoro di fusione per tappe e per successive chiarificazioni è assai più utile di una fusione a freddo, che può determinare nuovi e imprevedibili processi disgregativi e generare delusioni incontrollabili.
A queste condizioni, cioè con le nostre idee e senza rinunciare alle nostre scelte, noi possiamo e dobbiamo partecipare ad un percorso che non è altro che il nostro percorso tradizionale, quello di unire socialisti riformisti e liberali, di colmare una carenza politica grave nel panorama italiano, quello di riportare l’Italia alla sua migliore tradizione democratica e di collocarla appieno in Europa.

di Mauro Del Bue e Lucio Barani (deputati del Nuovo Psi)

SDI: CALDORO (NPSI), NO ALLA PROPOSTA DI BOSELLI

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(ASCA) – Roma, 15 apr – ‘No alla proposta di Boselli – ha dichiarato Stefano Caldoro coordinatore nazionale del Nuovo Psi – no ad una costituente socialista in stile Psiup sotto l’ala protettiva e subalterno a Prodi. Il PSI e’ stata ben altra cosa e’ il progetto dello SDI va nella direzione opposta’.
‘Il Congresso del nuovo psi, sono convinto – confermera’ invece la linea politica che e’ all’origine della fondazione del partito: una formazione socialista e riformista alternativa all’attuale centro-sinistra. Ma nessun rancore verso quei compagni – ha concluso Caldoro – come Craxi , Zavettieri, ed oggi De Michelis, che hanno cambiato idea e legittimamente scelto un’altra strada’.
red-leo/leo/alf 151607 APR 07 NNNN