IL CONTROCANTO DI FINI AI SUCCESSI DI BERLUSCONI

Il controcanto, quello in cui si è specializzato Gianfranco Fini, quello che viene recitato ogni volta che Silvio Berlusconi apre bocca, quello che tanto piace alla sinistra applaudente, sarà anche celebrato dagli antiberlusconiani come un grande evento perché fa sognare e immaginare scenari che la realtà non consente di ottenere, ma è la confessione nuda e cruda della mancanza di idee, il rifugio dove rintanarsi quando si è a corto di proposte e deficitari di iniziativa politica, e quando si pensa che non c’è altro da fare che vestire i panni dello sfascista.

I poveri di spirito possono anche appassionarsi per i refrain finiani che se bastano a prendere le distanze da chi si intende criticare, non servono, però, per diventare leader amato e rispettato; né bastano la facilità di linguaggio, l’atteggiamento da maestrino, messo in mostra ad ogni piè sospinto, e il ruolo di terza carica dello Stato, per affermarsi, in modo indiscutibile, quale leader di un popolo che non è solo di destra ma coinvolge moderati di diversa estrazione, riformisti difficilmente inquadrabili, liberali e libertari con diversa sfumatura, socialisti anticomunisti senza se e senza ma, garantisti con spiccata sensibilità e democratici sinceri. In parole semplici il Popolo della Libertà.

E’ un popolo così composito che è impossibile piegare alle proprie aspirazioni, impossibile guidare senza un forte pensiero politico, e senza quel quid che si chiama ‘carisma’. E’ un popolo, quello della libertà, che ha testa, cuore e pancia, e che rimane coeso se si ha capacità di parlare con semplicità a tutte e tre le componenti. Scegliere di parlare solo ai ‘pancisti’ stimola adesioni, risveglia sopite speranze, attiva il cosiddetto popolo di nicchia, ma non va oltre. Se è questo che vuole Fini non è difficile ottenerlo ma, è chiaro, che non potrà diventare leader della maggioranza, ma deve accontentarsi d’essere semplice capo di settori marginali della società.

Tra l’altro è un popolo che non perdonerà mai che le riforme, per modernizzare lo Stato e ripristinare la divisione dei poteri, che tanti guasti ha causato al Paese, giunte quasi in dirittura d’arrivo, possano correre il rischio d’essere vanificate. E perché poi? Quali sarebbero le motivazioni del controcanto? Su quale altare bisognerebbe immolare i successi mietuti negli ultimi anni, quando più virulento si era fatto l’attacco al premier e al PdL? Ma ciò che fa più rabbia è il fatto che tutto avviene quando la sinistra attraversa la più grave crisi della sua esistenza.

Si ha l’impressione che si stava sulla riva del fiume sperando di vedere transitare il cadavere di Silvio Berlusconi, a partire dalla vicenda dei rifiuti di Napoli, e poi del terremoto de L’Aquila, e poi ancora del G8. Successi inimmaginabili e stupefacenti che anziché determinare soddisfazione provocavano fastidio a qualcuno che, forse, sognava che il premier si incartasse da solo, e magari sperava (fuorionda galeotto) che cadesse nella rete tesagli con ‘pentiti’ considerati erroneamente ‘da bomba atomica’ ma che erano semplici squinternati, o che infine restasse fulminato per le intercettazioni su Bertolaso e per quelle di Trani.

Infine il controcanto su tutto, la presa di distanza sulle iniziative parlamentari del Governo, l’illusione di un possibile flop della manifestazione di Piazza San Giovanni (‘la terza carica dello Stato non può partecipare a iniziative di piazza’), e chissà forse la speranza di un crollo elettorale che con le vicende delle liste si poteva appalesare. Ma niente di questo è avvenuto, anzi il sole continua a splendere sul Cavaliere. E questo è stato, forse, troppo, incattivendo le posizioni e determinando accelerazioni che possono portare i protagonisti in un vicolo cieco.
Giovanni ALVARO
Reggio Calabria 21.04.2010

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