Berlusconi e Veltroni si rivolgano agli elettori

La crisi che investe la politica e le istituzioni nel nostro Paese è più profonda di quello che appare. Chi ha la responsabilità di governo o di guida delle maggiori forze politiche sta cercando in questi ultimi mesi di proporre qualcosa di nuovo. Un nuovo più estetico che reale.
Le prime mosse sembrano confuse e dettate più da azioni difensive e di autodifesa che da lucida visione delle cose. Prodi, con indubbia capacità tattica , sostiene la sua fragilissima maggioranza con l’esperienza del vecchio democristiano che galleggia tra le grandi difficoltà senza risolvere alcun problema, sicuro di rimanere l’unica alternativa a se stesso. Veltroni punta alla vocazione maggioritaria del suo PD ed è costretto a prendere il largo dal recinto del vecchio centrosinistra per tentare- almeno sulle regole e la legge elettorale- un accordo con l’opposizione ed in particolare con il partito più forte e con i medesimi interessi. Anche questa mossa appare nel breve difensiva e tesa a rafforzare una personale leadership. Infine Berlusconi, fallito, non per sua colpa, il progetto della cdl ed il tentativo di spallata al governo è stato costretto a rovesciare il tavolo dei vecchi rapporti con gli alleati e a tentare di sfondare, da solo, il muro delle percentuali che consentono se non la autosufficienza almeno qualcosa che le assomigli. Tutto il resto della politica gira e rigira attorno a queste novità con molti mugugni e mal di pancia.
Una prima alleanza dei tre protagonisti si è naturalmente saldata nell’impedire la nascita di un nuovo polo, cosa bianca o altro, che possa mettere in discussione il vantaggio tattico conquistato. Ma il paese e l’opinione pubblica sembrano non credere alle risposte della politica. Il sentimento di protesta e di antipolitica sale pericolosamente. Il cittadino chiede di essere governato e questo non avviene. Si perde competitività e gli ultimi dati eurostat ci danno in netto regresso superati anche dalla Spagna sui dati nella ricchezza pro capite. L’antipolitica è sempre più fuori del palazzo e ne minaccia la stabilità cosi come avvenne nella stagione prima di tangentopoli.
La cosiddetta seconda repubblica non è riuscita a realizzare le riforme istituzionali indispensabili per ammodernare lo Stato. Su questi temi i socialisti sono arrivati prima di tutti. Basta riprendere le relazioni ed i documenti congressuali dal 1978 in poi per leggere tutto quello che si sarebbe dovuto fare per rendere il nostro paese competitivo al passo con le sfide della globalizzazione. Le forze politiche di oggi riusciranno nell’impresa ? Come ho ricordato prima, le mosse iniziali sono più dettate da legittima difesa che da reale approfondimento. Non vi è dubbio che i protagonisti della seconda repubblica hanno un’evidente difficoltà a ritornare sui propri passi dopo che, per più di un decennio, hanno magnificato il neo bipolarismo all’italiana. Se si riparla insistentemente di proporzionale e di allentamento dei vincoli di coalizione non è un caso. Ciò è dovuto al fallimento del concetto di alleanze che né è determinato.
Il punto debole della discussione di questi giorni è che si vogliono superare i nodi politici con strumenti elettorali. Il referendum non è una soluzione, ma non lo sono neppure le proposte presentate in Parlamento sulla modifica della legge elettorale. Il problema è che non si può anteporre questa- la legge elettorale – alla decisione strategica su quale modello istituzionale si vuole dare al Paese. In poche parole la legge in vigore in Germania è funzionale al sistema parlamentare e federale presente in quel paese; cosi come in Francia il modello elettorale è vestito sul sistema semi presidenziale. In Italia invece si parte dalla coda.
Il sospetto che si sia scelta questa strada solo per convenienze di parte è assolutamente legittimo. Ecco perché di fronte ad una sfida cosi alta come quella di fare finalmente una Grande Riforma la scelta non potrà essere quella di sommare debolezze: l’incerto governo Prodi, una maggioranza parlamentare inesistente, un parlamento frammentato e un quadro economico e sociale in declino. Solo un nuovo Parlamento che sia, questo si, legittimato da un mandato popolare su limitate ma essenziali priorità economiche ed istituzionali può essere in grado di garantire la svolta.
Le forze politiche invece di perdere tempo su inutili tecnicismi propongano subito ed insieme al paese e agli elettori- chiunque esca vincitore dalla battaglia elettorale- alcuni temi condivisi sulle regole e sul funzionamento dello stato che saranno affrontati ed approvati con il più ampio consenso all’inizio della nuova legislatura . Non dentro il palazzo ma dai cittadini va cercata la legittimità per governare il cambiamento. Noi del Nuovo Psi sappiamo da che parte stare e quali alleanze condividere ma gli interessi del paese impongono un salto di qualità

Stefano Caldoro

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